I MAESTRI (Scena seconda)

Maestro, dove abiti?
Inaugurazione del ciclo dell’Istituto Gramsci di Ferrara dedicato ai “Maestri”
Ferrara, Biblioteca Ariostea, 25 gennaio 2019

Testi a cura di Piero Stefani (P)
Letture di Magda Jazzetta (M)
Musiche di W.A. Mozart
Violinista Lucilla Rose Mariotti

Scena prima: Coerenza
Scena seconda: Maestri e discepoli
Scena terza: Il maestro come ricercatore

Scena seconda. Maestri e discepoli

P. Secondo te è il maestro ad andare alla ricerca dei discepoli o sono i discepoli che vanno a cercare i propri maestri?
M. Sono una donna di scuola (sia detto senza polemiche, auspico una maggiore attenzione al linguaggio inclusivo, maestre, discepole…) e se guardo alla mia esperienza so di aver un bel da fare con genitori che vogliono mettere i figli in quella sezione perché c’è quella determinata insegnante (uso il femminile anche per ragioni statistiche) mentre desiderano, per motivi rovesciati, evitarne un’altra. Di contro i docenti di solito si trovano davanti un gruppo di studenti da loro non scelti. Dunque in base a questa constatazione direi che, in linea di massima, sono i discepoli a cercare i maestri. Quando però si instaura la relazione, il discorso diventa più articolato: un docente ha legami più intensi con alcuni suoi allievi e più sfilacciati con altri. Fare preferenze è un’accusa a volte motivata e a volte no, prendere atto che c’è più sintonia con alcuni rispetto ad altri è invece una pura constatazione.
P. Direi proprio che hai colto nel segno, la dove c’è una istituzione preposta a educare, a istruire, a trasmettere il sapere è il discepolo che va dal maestro. Ciò vale anche per le guide spirituali, i guru e via dicendo; di contro per Gesù le cose stettero diversamente.
M. In che senso?
P. Nel senso che, stando ai vangeli, fu lui a chiamare i suoi discepoli e non questi ad andare da lui, in ciò si distinse non solo dagli scribi e dai farisei ma anche da Giovanni Battista. Il suo fu comportamento del tutto originale. Gesù camminò lungo il mare di Galilea e senza alcun preavviso chiamò alcuni pescatori, Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni per renderli suoi discepoli.
M. E farli pescatori di uomini
P. Esatto. Domandò loro di uscire dalla loro condizione sia lavorativa sia familiare al fine di seguirlo; fu una pretesa altissima. Quei pescatori si trovavano in una situazione normale, ma, da quando diedero ascolto a una voce che li chiamava, per loro tutto mutò. Qui non c’è nulla di istituzionale, proprio per questo motivo ruoli non subirono mai delle modificazioni, il maestro restò uno solo e i discepoli non diventarono mai a propria volta maestri. Ciò vale anche quando il movimento è più articolato, come avviene per esempio in alcuni passi del Vangelo di Giovanni. Il Battista aveva indicato Gesù come agnello di Dio, due suoi discepoli sentendo queste parole cominciarono a seguire Gesù, quest’ultimo vedendoli disse loro: «“Chi cercate?” Gli risposero:“Rabbì – che tradotto, significa Maestro -, dove abiti?”» (Gv 1, 38-39).
M. Ah, ecco da dove salta fuori il nostro titolo!
P. Torniamo però al capitolo citato in precedenza a proposito degli scribi e dei farisei e della cattedra di Mosè, in esso si legge anche questo ammonimento: «Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8).
M. Un ammonimento mi pare in gran parte disatteso nella storia della Chiesa dove la struttura dei maestri e dei discepoli, della gerarchia e dei fedeli è rimasta salda fino a oggi.
P. In realtà qui non vedo che ci sia una particolare incoerenza; si tratta soltanto di prender atto del fatto che ormai anche in relazione alla Chiesa ci si muove all’interno di una istituzione; a meno di non sostenere, come più volte in effetti è avvenuto, che sia l’esistenza stessa dell’istituzione ecclesiastica a essere incoerente rispetto all’evangelo. Sta di fatto che in ogni istituzione, religiosa o laica, preposta alla trasmissione del sapere occorre trovare qualche forma di continuità.
M. E per soddisfare questa istanza occorre che alcuni discepoli siano destinati a diventare a propria volta maestri al fine di trasmettere il sapere alle generazioni successive.
P. È proprio così. Viste in questa prospettiva la Chiesa e l’Università, due istituzioni entrambe plurisecolari, sono sorrette dalla medesima logica.
M. Per tanto tempo, fu così anche per gli artigiani: il garzone era a poco a poco formato perché infine subentrasse al mastro.
P. Ben detto, ci torneremo sopra fra un po’. Ma ora fammi concludere il cenno su Gesù. Per logica interna allo stesso messaggio di fede è fuori discussione che non ci sia alcuno in grado di prendere il posto di Gesù, egli non ha successori.
M. Ma il papa non è vicario di Cristo?
P. A parte il fatto che l’espressione non rientra nelle definizioni canoniche del papa, anche se si adottasse questa definizione, resterebbe indubbio che nessun papa, neppure il più teocratico, ha mai potuto sostenere di aver preso il posto di Gesù Cristo. Evoco di nuovo il termine cattedra. Come è definita quella del papa?
M. La cattedra di San Pietro.
P. Appunto! Pietro è ritenuto il primo vescovo di Roma e, in quanto tale, destinato ad avere successori. È la logica…
M. Ho capito, è la logica secondo la quale morto un papa se ne fa un altro.
P. Attualmente si potrebbe in effetti integrare il detto aggiungendo: dimessosi un papa se ne fa un altro.
M. Mentre Gesù Cristo non muore, né si dimette; egli non diverrà mai un emerito.
P. Hai compreso molto bene. Per i cristiani egli è il solo, unico Maestro; tuttavia anche la Chiesa ha bisogno di conformarsi alla logica della continuità e qui torna ad aver il suo ruolo la “componente artigianale”.
M. In che senso?
P. Nel senso del garzone destinato a diventare a propria volta mastro affinché l’impresa possa continuare anche quando il mastro va in pensione o più brutalmente tira le cuoia.
M. Show must go on. Lo spettacolo deve continuare. Anche se a volte a essere messo in discussione dovrebbe essere proprio quel «must».
P. Ma altre volte no. Ci sono imprese utili, anzi indispensabili che vanno prolungate nel tempo. Invero le grandi innovazioni tecnologiche hanno rivoluzionato e rivoluzionano i modi di produrre, di commerciare, di investire, di comunicare e via dicendo. In questi casi anche i mastri sono costretti a imparare e spesse volte restano spiazzati e confusi, sulle loro competenze è come se fosse caduto uno strato di polvere; tuttavia alcune capacità e alcune nozioni vanno tuttora trasmesse e apprese. Senza questo passaggio non ci sarebbe cultura; qui rientriamo a tutti gli effetti nell’ambito del «must». Pensa per esempio cosa avviene quando si deve imparare a suonare uno strumento. Occorre rivolgersi a un maestro (va bene, o a una maestra). Inoltre ti faccio notare che in questo campo non vale il famigerato (ma in realtà a volte purtroppo veritiero) detto «chi sa fa e chi non sa insegna».
M. O per rifarci all’integrazione di Woody Allen risalente a tempi non sospetti, allora Marco Bussetti non era ministro della pubblica istruzione: «chi sa fa, chi non sa insegna, chi non sa insegnare diventa professore di ginnastica e chi non sa fare neppure l’insegnante di ginnastica diventa professore nella mia scuola».
P. Lascio a te la responsabilità delle tue citazioni. Torniamo al nostro caso. Un allievo o un’allieva (il linguaggio inclusivo qui è d’obbligo) di violino può uguagliare il maestro, forse con il tempo suonerà persino meglio di lui, ma ciò non toglie che anche il maestro deve sapere a sua volta suonare e, ammesso che sia superato, ciò avverrà anche grazie a lui e se è un buon maestro ne sarà felice. È così da secoli; qui le innovazioni tecnologiche non hanno un gran ruolo da svolgere.
M. Non a caso, a prescindere dalle corde in budello e dintorni, quale violinista non vorrebbe suonare uno Stradivari, un Guarnieri del Gesù, un Amati o un Guadagnini?
P. Caspita, ti vedo ferrata in liuteria! Quel che dici è più che giusto; il violinista lo vorrebbe avere per suonarlo e non per riporlo in una teca di un museo. La pratica è decisiva. Socrate nel suo intellettualismo credeva di mettere in buca i suoi interlocutori dicendo che per imparare a suonare la lira bisogna suonarla; secondo il suo ragionamento provocatorio ciò costituiva una specie di contraddizione in termini, per iniziare a suonare infatti si dovrebbe già saperlo fare. Nella pratica sappiamo che non è così, tutti noi da bambini abbiamo imparato a camminare mentre prima andavamo a gattoni.
M. Poi ci sono i geni che fanno compiere grandi salti alla loro arte, ci sono le predisposizioni naturali, per i musicisti entra in gioco l’orecchio assoluto, ma anche costoro hanno avuto bisogno di maestri senza i quali non si sarebbero mai inseriti in una tradizione e in una cultura. Se Mozart fosse nato in Cina non avrebbe suonato il pianoforte e tanto meno avrebbe composto Le nozze di Figaro o Il don Giovanni.
P. Mozart divenne quello che è diventato anche perché il padre Leopold, musicista a sua volta, investì molto su di lui, fece fare al bambino prodigio viaggi in lungo e in largo per l’Europa, da adolescente lo condusse per tre volte in Italia, nel nostro paese incontrò compositori, prese lezioni di contrappunto da padre Martini, superò, non senza fatica, l’esame per essere aggregato alla prestigiosa Accademia Filarmonica di Bologna. Girò, studiò, dette concerti, compose musica di ogni tipo, poi tornò a Salisburgo, dove nel 1775 a diciannove anni scrisse cinque concerti per violino, in seguito non ne avrebbe più composti; tuttavia, come tutti sanno, il suo genio creativo avrebbe prodotto tanti altri capolavori. Che in lui ci fosse qualcosa di irripetibile è fuori discussione, ma anche per lui ex nihilo nihil fit, dal nulla non nasce nulla, anche Wolfgang Amadeus dovette apprendere, studiare, inserirsi in una determinata civiltà musicale alla quale, a sua volta, diede un contributo fondamentale. Non ci sono dubbi in proposito: la sua musica durerà fino a quando sarà concesso agli esseri umani di distinguere il bello dal brutto. Noi per fortuna lo sappiamo ancora fare.

Lucilla, Adagio dal concerto per violino n. 3 in sol maggiore K. 216.

I MAESTRI (Scena seconda)ultima modifica: 2019-02-21T17:37:56+01:00da piero-stefani
Reposta per primo quest’articolo