II Domenica di Quaresima (B) – L’ombra della nube

II domenica di Quaresima
Gen 22,1-2.9.10-13.15-18; Sal 116 (115); Rm 8,31-34; Mc 9.2-10

L’ombra della nube

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte (Mc 9,2) e lì si trasfigurò, poi «venne una nube che li coprì con la sua ombra» (Mc 9,7). La voce uscì proprio dalla nube. Essa ripeté le stesse parole udite al battesimo al Giordano: «Questi è il mio figlio, l’amato, ascoltatelo!» (Mc 9,7; cf. Mc 1,11). Sopra il fiume si squarciarono i cieli, sul monte si è avvolti dalla nube. Sono due immagini destinate a indicare la discesa di quanto proviene dall’alto. Forse non è azzardato affermare che nella Trasfigurazione la nube svolge una funzione analoga a quella compiuta dalla colomba al battesimo: siamo di fronte a due elementi muti che consentono alla parola del Padre di diventar udibile.
Nella Bibbia le montagne sono luoghi teofanici non già perché si innalzano verso il cielo, ma, al contrario, perché sono avvolte da una manifestazione che scende dall’alto. Rispetto a un moto discendente che inizia dal cielo, le vette dei monti sono la prima parte della terra a essere toccata. Al pari di Mosè, anche tutti gli altri uomini sono in grado di salire sulle montagne. Per incontrare Dio non basta però salire, occorre che Lui scenda. Il monte non è la stabile dimora di Dio, è solo il luogo di una sua visita, spesso simboleggiata dalla presenza di una nube. Nel linguaggio biblico dell’uno e dell’altro Testamento nelle teofanie si parla di una nube avvolgente. Avvenne così tanto sul Sinai (cf. Es 19,16; 24,15-18; Dt 4,11) quanto sul Tabor. La nube rimanda anche alla vicenda dell’esodo nel corso della quale essa appare sia come guida al cammino del popolo (cf. Es 13,21) sia come presenza del Signore, oltre che sul Sinai, anche nella tenda del convegno (Es 40,34-38).
Il luogo in cui, nel deserto, si attuò tra Mosè e il Signore l’incontro più intenso e colloquiale fu la tenda del convegno. Anche lì la nube non fu estranea all’ambito della parola: «Quando Mosè entrava nella tenda, scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda, e parlava con Mosè […] Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla al proprio amico» (Es 33,9-11). Poi Mosè salì di nuovo sul monte, fu allora che, al contatto con quella presenza divina, il suo viso divenne raggiante (Es 34,35). Il volto di Gesù invece non conservò impresse su di sé tracce di luce; c’è un motivo per tutto ciò.
La richiesta di Pietro di costruire tre capanne per Gesù, Mosè ed Elia, oltre che alla festa omonima (annuale ricordo delle peregrinazioni nel deserto – cf. Lv 23,33-43), va riferita pure alla tenda del convegno, vale a dire a una presenza di Dio che scende verso gli uomini. La nuvola, apparsa subito dopo le parole di Pietro, sembra quasi presentarsi come una risposta, venuta dall’alto, al desiderio di erigere tre capanne, vano se soddisfatto ricorrendo a mani d’uomo, vero se giunge da Dio. L’autentica capanna posta sul monte è la nube stessa.
Marco incornicia la Trasfigurazione tra due preannunci della Passione (Mc 8,31-32; 9,9). La nube della presenza è destinata a lasciare il posto al buio dell’assenza. Alla parola che dice la figliolanza unica («amato» ha biblicamente questo significato) sarebbe subentrato il grido che nell’oscurità dichiara l’abbandono: «Dio mio, Dio mio…» (Mc 15,34; Sal 22,2). La Trasfigurazione viene compresa solo se si ha alle spalle l’esodo e si ha davanti la Passione. Per giungere alla risurrezione Gesù deve passare, come tutti, attraverso la morte. Anche se sarà solo Luca a dirlo apertamente (Lc 9,31), sul monte Gesù, Mosè ed Elia parlavano proprio di questo nuovo esodo. Per questo motivo una volta sceso al piano il viso non conservò alcuno splendore; non per nulla Luca dirà che per andare a Gerusalemme incontro alla sua morte Gesù indurì il proprio volto («autòs to prosōpon estērisen», Lc 9, 51; cf. Is 50,7)
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II Domenica di Quaresima (B) – L’ombra della nubeultima modifica: 2018-02-24T11:14:30+01:00da piero-stefani
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