611 – Parrocchie e contrade (23.04.2017)

Il pensiero della settimana, n. 611

Parrocchie e contrade

La parrocchia, nonostante il suo etimo che la vuole pellegrina, è una realtà territoriale e, in ciò, è statica. Le parrocchie, con il tempo, possono modificare i loro confini, in un senso o in un altro. Resta comunque che si tratta di un territorio, in ambito cittadino più piccolo rispetto al contesto urbano in cui si colloca. È, se così si potesse dire, la versione religiosa del quartiere. Non è paragonabile a un gruppo a cui si aderisce per affinità di ideali o per interessi pratici; si appartiene a una parrocchia in ragione della propria abitazione. Naturalmente non c’è coercizione nel frequentarla; di contro nessuno è in grado di assumere lo stesso atteggiamento rispetto alla casa in cui risiede.

   La dimensione territoriale della parrocchia risente, nel suo sorgere, dell’epoca della cristianità nella quale era forte l’omogeneità tra l’appartenenza alla società e quella alla chiesa. Oggi non è più così. Le parrocchie però restano mentre diminuiscono i parroci. Le strategie per fronteggiare il problema variano se si è in città o se si è in campagna; in quest’ultimo caso l’ausilio pastorale più indispensabile è divenuto l’automobile. Il parroco di paese, un tempo simbolo di radicamento, è diventato, nella prassi, una specie “commesso viaggiatore del sacro”.

   In città le cose stanno diversamente; si cerca di costruire unità pastorali e così via. Si rimane comunque nell’ambito dei quartieri. Nelle città medio-piccole poi può avvenire che esistano anche contrade, realtà aggregative cresciute attorno a revival di medioevi o rinascimenti parastorici. Le contrade a volte hanno simboli religiosi, si chiamano con nomi di santi; prima delle gare quadrupedi, arceri e sbandieratori sono benedetti. È un ritorno finto e imbellettato di cristianità.

   A Ferrara, dove il vescovo Negri con un atto di imperio ha imposto nella Parrocchia/Santuario di Santa Maria in Vado la numerosa presenza della ritualistica Fraternità Sacerdotale Familia Christi, lo sconcerto di molti parrocchiani “conciliari” è stato forte, mentre i rapporti con la contrada sono idilliaci. I riti sacri e quelli profani hanno punti di sovrapposizione; in alcune feste gli stendardi della contrada accompagnano il culto, mentre una messe di benedizioni è riversata su quadrupedi e sbandieratori.

   L’osservazione sarebbe consegnata al folklore se non inducesse a qualche argomentazione più ampia. Le contrade hanno per loro natura una componente competitiva. Nel Palio la vittoria degli uni comporta la sconfitta degli altri. La molteplicità delle parrocchie dovrebbe invece esprimere la coralità di un’unica chiesa. Non è in gioco nessuna vittoria; ci dovrebbero essere solo scambi e arricchimenti reciproci. Questa dinamica però è poco frequente, spesso per ragioni ‘campanilistiche’, ma più volte anche per motivi legati al fatto che le parrocchie, oltre che dal territorio, sono caratterizzate pure da orientamenti diversi. Tra esse vi sono distinzioni che potrebbero essere classificate di tipo ideologico. Ciò avviene non a livello di parrocchiani, definiti come tali solo dalla loro appartenenza territoriale, ma di parroci non di rado appartenenti a determinati movimenti, gruppi, orientamenti e sempre e comunque nominati dall’alto. La collaborazione tra parrocchie vicine, che dovrebbe essere una ovvietà, diviene così una realtà rara; essa si trasforma, da parte di alcuni, in desiderio inappagato e, da parte di altri, in ipotesi impossibile persino da prendere in considerazione. Lo spirito di fazione e di contrada è penetrato là dove non ha legittimità di essere.

Piero Stefani

611 – Parrocchie e contrade (23.04.2017)ultima modifica: 2017-04-22T07:41:04+02:00da piero-stefani
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