MEIS FERRARA – “Il senso che manca” di Piero Stefani

Il 18 dicembre presso la sede del Meis si è inaugurata la mostra «Torah fonte di vita», si tratta di materiali provenienti dal Museo della Comunità Ebraica di Ferrara. Resterà aperta fino al 31 dicembre 2015. La sede originaria di via Mazzini è infatti tuttora inagibile a seguito del terremoto del 2012. La mostra, curata da Sharon Reichel, è garbata ed efficace. A tutti è noto però che si tratta di un’ennesima «iniziativa-ponte» in attesa della grande impresa museale.

L’unico punto finora sicuro in relazione al futuro museo è il progetto dell’edificio. I lavori inizieranno a gennaio. Si tratterà comunque solo del primo lotto. A tutt’oggi nulla si conosce sullo sviluppo del progetto di allestimento museale. Nel discorso tenuto all’inaugurazione della mostra, il presidente Calimani si è lamentato, ancora una volta, per la mancanza di patrimonio espositivo in possesso del Meis.

Un Museo nazionale dell’ebraismo italiano ha senso soltanto se è nelle condizione di rivaleggiare con altre istituzioni italiane ed europee. Nonostante i pregi del progetto vincitore, sul piano dell’edificio il museo non potrà certo sfidare, per dirne una, lo Jüdisches Museum di Berlino progettato da Daniel Libeskind (per non parlare del Guggenheim Museum di Bilbao di Frank O. Gehry). Sul fronte degli investimenti non è paragonabile al Muse di Trento e ai suoi 500.000 mila visitatori annuali. C’è il rischio che la lunga impresa produca infine risultati modesti.

Che fare? Occorre puntare su quello che altri non hanno. Il museo berlinese è ricco di risorse, ma è scarso di originali. Per il Meis l’unica prospettiva da percorrere è  procurarsi un numero, anche limitato, di reperti assolutamente originali e quindi capaci di coagulare attorno a sé una narrazione storica. È questione di «aura».

Gli oggetti rituali devono trovare una loro collocazione museale, ma in se stessi non sono l’elemento portante, a meno di non essere dotati di uno spessore storico particolare. In linea di massima bisogna rivolgersi altrove. Ferrara è in grado di fornire almeno tre esempi adatti a questo scopo: la Biblia española stampata nella nostra città nel 1554, esempio attorno al quale si può articolare l’intera vicenda dei marrani e delle loro peripezie; la scrivania – su cui lavora ancora l’attuale sindaco – che fu di Renzo Ravenna, l’unico podestà ebreo di Italia a partire dalla quale si può ricostruire la vicende delle leggi razziali fasciste; lo studio di Giorgio Bassani che, e non è un particolare da poco, nelle carceri di via Piangipane fu effettivamente recluso. Da altre parti d’Italia dovrebbero giungere oggetti di pari capacità evocative. Come dimostrano gli ormai non pochi anni trascorsi, l’attuale dirigenza Meis non pare nelle condizioni di assolvere a questo compito. A livello sia nazionale sia locale bisognerà approfondirne le ragioni.

Piero Stefani

(Pubblicato sul Resto del Carlino di Ferrara del 19 dicembre 2014)

MEIS FERRARA – “Il senso che manca” di Piero Stefaniultima modifica: 2014-12-20T07:30:57+01:00da piero-stefani
Reposta per primo quest’articolo