431 – La lenta agonia della Beatitudine (05.05.2013)

Il pensiero della settimana, n. 431

 

La lenta agonia della Beatitudine[1]

 

Tutto brucia nell’amore di Dio a iniziare da Dio stesso. Vi sono dunque ceneri di Dio, ceneri di amore. Tutto ha vita dal sangue di Dio, a iniziare da Dio stesso, la resurrezione non è altro che la fioritura di questo sangue divino.

Sfogliando da un capo all’altro le pagine di questo libro, nel quale poche righe scritte emergono dal vuoto (caos) della pagina bianca, non si trovano affatto i detti sopra riportati. Non si tratta di citazioni. Sono una specie di silloge vergata nell’unico modo in cui può essere formulata, vale a dire introiettando il linguaggio adottato dal testo.

Si tratta di frammenti scritti sull’abisso, non di rado oscuri come la notte primordiale e insieme folgoranti come l’irrompere della prima luce. Il lettore non sa bene se li comprende, perché in lui cresce la sensazione che sono loro a com-prenderlo, ad abbracciarlo dall’esterno. Vortice passionale ed esattissimo li ha definiti Pierangelo Sequeri nella prefazione. Anche lui, illustre teologo, non è stato in grado di sottrarsi all’ossimoro, anche lui si è dovuto conformare al linguaggio antitetico svelato fin dal titolo. Una lenta agonia è quanto nessuno augura a sé o agli altri (salvo nel caso in cui l’animo è ammorbato dallo spirito vendicativo); nulla più di questo stato di lotta sfiancante e perdente appare tanto opposto al termine «beatitudine».

«…C’è un’oscurità, una luce tremenda: è la morte che muore, è la carne che diventa

eterna.» Qui le virgolette manifestano che si tratta di una citazione testuale (p. 41). L’ossimoro primo e ultimo è che la morte sia uccisa («A volte sento un colpo di potenza che non si può descrivere: sei Tu che uccidi la morte» (p. 15) e che la morte partorisca. Essa non muore di parto, partorisce perché muore: «La croce di Cristo è Dio che sta partorendo» (p. 56).

L’ossimoro primo e ultimo è anche la compresenza senza confini di tenebre e luce: «C’è solo una mattina infinita che scaturisce da una notte eterna» (p. 86).

Come afferma Sequeri: «Ecco di che cosa è capace la poesia che accetta di sporgersi, nuda di discorso e di sermone, ma affilata come la lama della Parola, sull’abisso degli innominabili della vita. Qualcuno, che abbia cuore e animo bastante, deve pur farlo. Senza tentare di nominarli, si muore e basta» (p. 7).

«Perché bisogna morire. Morire tacendo, mentre Tu

compari nel cuore, Assente.

Tu sei la Presenza Assente, sei Colui che siede

nell’anima e la guarda morire.

Sei così assente Signore che mi sembri il nulla.

Ma qualcosa sanguina in me, qualcosa che ti conosce» (p. 77).

Si, «qualcosa sanguina in me».

«La creazione fu da sempre la Resurrezione di Dio» (p. 43). Nulla è più estraneo allo scrivere di Arnoldo Mosca Mondadori della «natura». La natura rimanda implacabilmente a se stessa, si può risalire indietro e indietro ma sempre percorrendo lo stesso alveo. Risalendo il corso del fiume è dato di giungere alla sorgente, ma non è concesso di risalire alle nubi da cui scendono pioggia e neve. Nel testo non ci si imbatte neppure nella vibrante trasparenza di creature lodanti il loro Signore; in esso vi è il dramma amoroso e salvifico espresso in un linguaggio che, a volte, pare evocare quello del mito cosmogonico (cfr. p. 23). Creazione qui significa atto creativo; si va dal Creatore alle creature e non viceversa. Lo sguardo è rivolto in basso. Del resto se si applica a Dio l’immagine spaziale che lo definisce Altissimo, Egli può guardare solo in giù.

«… L’universo fu creato fin dal principio dal tuo viso che moriva. Da questo precipitare di creature nel tuo abisso.

Ogni cosa fu pensata dai tuoi occhi rivolti in basso, verso la terra.

Ogni cosa esiste per quel tuo amore puro, cieco,

al limite dell’universo» (p. 95).

La creazione congiunta alla croce e alla resurrezione non è però solo sguardo, è anche alimento ingurgitato da Dio:

«La creazione è il cibo che Dio fa divenire

resurrezione nella sua Bocca» (p. 19).

Piero Stefani

 

 

 




[1]Arnoldo Mosca Mondadori, La lenta agonia della Beatitudine, prefazione di P. Sequeri, Morcelliana, Brescia 2013, pp. 99, € 10,00. Ricordiamo altri due suoi testi La seconda intelligenza. Morcelliana 2009 (cfr. «Pensiero della settimana» n. 298) e Cristo delle costellazioni, Morcelliana 2012.

431 – La lenta agonia della Beatitudine (05.05.2013)ultima modifica: 2013-05-04T09:53:21+02:00da piero-stefani
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