410_ 1. Sacro sonetto_ 2. Il vescovo Luigi Negri

Il pensiero della settimana, n.  410

  

1. Sacro Sonetto

 

Saggio di traduzione e breve commento del VII degli Holy Sonnets di John Donne (1572-1631).

 

At the round earth’s imagined corners blow
Your trumpets, angels, and arise, arise
From death, you numberless infinities
Of souls, and to your scattered bodies go;
All whom the flood did, and fire shall o’erthrow,
All whom war, dea[r]th, age, agues, tyrannies,
Despair, law, chance hath slain, and you, whose eyes
Shall behold God, and never taste death’s woe.
But let them sleep, Lord, and me mourn a space;
For, if above all these my sins abound,
’Tis late to ask abundance of Thy grace,
When we are there.  Here on this lowly ground,
Teach me how to repent, for that’s as good
As if Thou hadst seal’d my pardon with Thy blood

              

Agli immaginari angoli del globo suonate

Le vostre trombe, angeli, sorgete, sorgete

Dalla morte, voi infinite moltitudini

Di anime e andate ai vostri corpi disseminati,

Tutti coloro che il diluvio ha distrutto e il fuoco distruggerà.

Tutti coloro che guerra, carestia, età, febbri, tirannia,

Disperazione, legge, sorte hanno trucidato, e voi che coi vostri occhi

Contemplerete Dio e mai gusterete l’affanno della morte.

Ma concedi, Signore, a loro di dormire e a me di dolermi ancora;

Perché, se i miei peccati sono più abbondanti dei loro,

è tardi chiedere l’abbondanza della tua grazia,

quando saremo là. Qui su questo umile suolo,

Insegnami  il pentimento, infatti esso vale

Come  se tu avessi sigillato il mio perdono col tuo sangue

 

Molti sono i sottotesti biblici di un sonetto volto a ricondurre la proiezione nel giorno ultimo al pentimento dell’ora presente. Ci fermeremo però solo sui versi iniziali contraddistinti da un ossimoro sotteso tra lo spigoloso e il curvo. In essi vi è un possibile rimando ad Ap 7,1: «Dopo questo vidi quattro angeli, che stavano ai quattro angoli della terra e trattenevano i quattro venti» (Ap 20,8). Tuttavia il riferimento non basta per spiegare la paradigmatica connessione con i quattro angeli, le trombe e la risurrezione dei morti. Più prossimo, ma non ancora sufficiente è un riferimento a Matteo: «Egli manderà i suoi angeli, con una gran tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti da un estremo all’altro del cielo» (Mt 24,31). Venti e cielo e non angoli e terra, e poi in Matteo manca ancora un esplicito riferimento alla risurrezione.

L’associazione tra trombe, risurrezione e giudizio è divenuta in ogni caso proverbiale. Non per nulla essa è ripresa, in tutt’altro contesto, anche in Er giorno del giudizio di Giuseppe Gioachino Belli: «Quattro angioloni con le tromme in bocca / se metteranno uno pe cantone / a sonà: poi con tanto de vocione /cominceranno a dì “Fora a chi tocca”…».  Lo scatto che Belli compie attraverso l’ironia è attuato da Donne mediante il paradosso collegato ad angoli immaginari connessi a una sfera: siamo di fronte a una specie di quadratura del cerchio, la risurrezione dei morti non chiede nulla di meno.

In questo contesto è ben citabile anche il Dies irae,

 

Tuba, mirum spargens sonum
per sepulcra regionum
coget omnes ante thronum.

 

Nei versi di Tommaso da Celano la tromba è la protagonista assoluta senza né angeli, né angoli. In questo caso la componente paradossale sta nel fatto di presentare la «tuba» come se suonasse da sola. Ciò rimanda ai passi paolini in cui, in relazione alla risurrezione dei morti, si parla della «tromba di Dio», un genitivo che si sarebbe tentati di intendere in senso sia soggettivo che oggettivo: «Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno  i morti in Cristo, quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo sempre con il Signore» (1Ts 4,16; cfr. 1Cor 15,51-52). La voce è dell’arcangelo, ma la tromba è di Dio. John Donne non solo, sulla scorta delle «Beatitudini», allude ai puri di cuore che vedranno Dio (Mt 5,8), ma in base a passi come quelli della prima ai Tessalonicesi e della prima ai Corinzi prospetta anche l’esistenza di coloro che mai gusteranno l’affanno della morte.

In tutti questi casi, sia pure per vie diverse, si cerca di evocare il «mirum» legato alla risurrezione.

 

2. Il vescovo Luigi Negri

 

Tratto dal blog «Sui confini» che da quale settimana curo presso il quotidiano on line di Ferrara  «Estense.com».

 

   Il nuovo arcivescovo della diocesi di Ferrara-Comacchio sarà mons. Luigi Negri. Da vescovo  di  S. Marino Montefeltro, nel febbraio del 2011, rilasciò un’intervista al periodico Tempi in cui criticava l’azione della magistratura e difendeva l’operato pubblico dell’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi. A quella presa di posizione replicò, con una lettera aperta, il vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi.

   Nell’intervista mons. Negri disse che l’indignazione non è un atteggiamento cristiano. Anche se alcuni invocano lo Spirito Santo e altri, sul fronte opposto, il carrierismo, non è bene essere indignati per la presente nomina. Nella Chiesa le cose, da sempre, vanno, più o meno, così. In un suo piccolo, abissale libro (tradotto in italiano con il titolo Diario di un dolore)  C.S. Lewis scrive: «domattina un prete mi darà una piccola cialda rotonda, sottile, fredda e insapore. È uno svantaggio, o non forse in qualche modo un vantaggio, che questa cosa non possa ambire alla benché minima somiglianza con ciò a cui mi unisce?». Nella vita della Chiesa molte cose sono così, tra esse anche i modi in cui si nominano i vescovi. Non vi è alcuna somiglianza tra essi e ciò che nella fede la figura del vescovo significa. È uno svantaggio? È un vantaggio?

  L’indignazione non è cristiana? Non solo i profeti e Giovanni Battista si indignarono, lo fece anche il Gesù dei Vangeli, in massimo grado di fronte ai «sepolcri imbiancati». L’indignazione è esigente, si può essere facilmente ipocriti anche nell’esercitarla, ma a volte, quando si è disposti a pagarne il prezzo, essa, oltre a  un dovere civile, è  anche segno pervicace di speranza.

 

Piero Stefani

410_ 1. Sacro sonetto_ 2. Il vescovo Luigi Negriultima modifica: 2012-12-08T06:00:00+01:00da piero-stefani
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Un pensiero su “410_ 1. Sacro sonetto_ 2. Il vescovo Luigi Negri

  1. Che uno come Negri faccia certe affermazioni non mi stupisce affatto, data la sua nota volgarità e la sua faziosità.
    Gli consiglierei un corso accelerato di Sacre Scritture. Ma forse a gente come lui la Bibbia non interessa.
    Unica nota positiva: quelli di San Marino si son liberati (forse).

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