409. Dubbi primari (02.12.2012)

Il pensiero della settimana, 409 

 

     Da settimane l’argomento principe dell’informazione sono le primarie. Quelle del PD stanno per concludersi, quelle del PDL sono avvolte in brume destinate presto a dissolversi in un modo o nell’altro. Si fa un gran parlare di partecipazione democratica per una carica, candidato premier, non prevista dalla Costituzione e a volte disattesa nella prassi: a palazzo Chigi ora siede Monti e dall’urne era uscito il nome di Berlusconi, in precedenza lo stesso era avvenuto con Prodi e D’Alema. Non c’è alcuna garanzia istituzionale che colui che con le primarie sarà indicato come futuro capo del governo lo sia per davvero fino alla fine della prossima legislatura. Un conto è fare le primarie per il sindaco, dove vi è un sistema elettorale, a due turni, nel quale si vota la persona, altro è eleggere senatori e deputati. Più volte le primarie cittadine hanno dato un esito diverso da quello auspicato dalla leadership nazionale, basti pensare al caso di Pisapia a Milano. Il  fatto dimostra la coerenza (il che non significa, ipso facto, l’opportunità) del sistema. Tuttavia nelle prossime elezioni legislative non si eleggerà istituzionalmente alcun presidente del consiglio. In questo caso la prassi delle primarie apre un ulteriore iato tra il diritto e il fatto.

     Dopo le smanie di mutamenti costituzionali che toccò il proprio apice negli anni Novanta, nella retorica di larga parte dello schieramento politico prevale ora l’idea di difesa della Costituzione. Eppure in molti ambiti si procede come se la carta fondamentale dello Stato fosse un’altra. Nessuno nella storia repubblicana ha, del resto, modificato tanto la costituzione materiale quanto Giorgio Napolitano. Le primarie si muovono sulla stessa falsariga. Si parla di terza repubblica e si inneggia alla Costituzione della prima, mentre in prospettiva istituzionale non c’è mai stata neppure  la seconda.

     Si è massicciamente invitati a votare per le primarie. Attorno a esse c’è stato un dispiegamento di forze mass-mediatiche ingente, certo ben superiore a quello messo in campo per chiedere la modifica dell’attuale legge elettorale. Il termine «porcellum» ha un destino simile a quello di «badanti»: da nomignolo è diventato parola ufficiale, non se può fare a meno. Con ogni probabilità ormai si andrà a votare con il «porcellum» e nessuno sembra cogliere il fatto che la pratica ufficializzazione di questo nome getta, di per sé, un insanabile discredito sull’esercizio elettorale da parte dei cittadini.  La questione non è solo nominale. Lo spirito della primarie e la pratica del «porcellum» sono infatti antitetiche. I cittadini sono invitati a scegliere una carica dal punto di vista costituzionale inesistente (quella di candidato a premier) e sono impediti a scegliere le persone destinate a ricoprire cariche effettive di senatori e  deputati. Perché il PD non ha posto apertis verbis come condicio sine qua non  per effettuare le primarie la modifica della legge elettorale? Si dirà che da solo quel partito non ha la maggioranza parlamentare per varare una riforma elettorale. Tuttavia se ci fosse stato un forte e tassativo impegno in questa direzione (che va al di là del discettare se il 42,5% sia abissalmente diverso dal 40%) l’opinione pubblica se ne sarebbe ben accorta. Un modo per comunicarlo sarebbe stata anche la sospensione delle primarie.

     La situazione è paragonabile a quella di avvallare la retorica che parla di ventennio berlusconiano come se dopo il 1994 il centro sinistra non fosse mai stato al governo.  Il primo governo Prodi (il quarto per durata di tutta la storia repubblicana) è andato dal maggio 1996 all’ottobre del 1998, il secondo da maggio 2006 a maggio 2008, inoltre vi è stato anche il governo D’Alema (ottobre 1998 gennaio 1999). In nessuno di questi casi è stata approvata una legge sul conflitto d’interesse. Ciò dimostra l’esattezza della qualifica di ventennio berlusconiano, ma lo fa in modo ben diverso da quello di scaricare la responsabilità solo sulle spalle di chi, nonostante inestinti vagheggiamenti soggettivi, non potrà più prolungare a proprio beneficio la dinamica manzoniana di «due volte nella polvere, due volte sull’altar».

Piero Stefani

 

 

409. Dubbi primari (02.12.2012)ultima modifica: 2012-12-01T09:04:12+01:00da piero-stefani
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