394__Corano e Vangeli (08.07.2012)

Il pensiero della settimana, n. 394

 

Secondo la tradizione musulmana, Dio ha fatto scendere sugli uomini prima del  Corano anche la Torah e il Vangelo. Proprio questa successione indica che, come è ovvio, qui si sta parlando della concezione che il Corano ha della Torah e del Vangelo e non già dei modi in cui ebrei e cristiani comprendono i propri libri sacri: «Il Corano, infatti, sembra attribuire retrospettivamente le proprie caratteristiche ai testi che lo hanno preceduto».[1] Nota, ancora, Alberto Ventura: «La sacra scrittura diviene così una palpabile espressione del verbo divino, che è immutabile e fisso in sé, ma che diviene vivente in questo mondo grazie alla voce che lo anima e lo proclama. Il verbo divino e la sua trascrizione vengono così a coincidere, e ciò spiega perché la Torah sia per gli Ebrei un vero e proprio mezzo della creazione o il Corano venga ritenuto dai musulmani un archetipo custodito su una tavola celeste. Al tempo stesso questa osservazione ci permette di capire che il vero equivalente di queste scritture nel Cristianesimo è rappresentato dal Cristo stesso. Non è tanto il Vangelo, infatti, a esprimere quella dinamicità dell’immobile che abbiamo incontrato fra Torah e Corano, ma piuttosto Gesù, nella sua stessa persona, che infonde vita alla parola di Dio».[2]

È consueto, e di certo non privo di fondamento, sostenere che per il cristianesimo la verità è la persona di Gesù Cristo e non già un libro. Tuttavia conviene compiere su questo fronte un ulteriore passo in avanti. Infatti la validità dell’affermazione comporta che anche la forma del «libro sacro» debba, in quanto tale, essere strutturalmente diversa. La non confrontabilità tra le autodefinizioni fornite dalle singole tradizioni rispettivamente della Torah, del «quadriforme Vangelo» e del Corano non riguarda solo contenuti dottrinali differenti; al contrario, concerne anche la forma stessa di quegli scritti.

Il quarto Vangelo, non meno degli altri, obbliga a tener saldo il primato attribuito alla narrazione. Nel prologo di Giovanni il Logos incarnato è punto d’arrivo (Gv 1,14), tuttavia nella comprensione dell’evangelo Gesù resta sempre il luogo da cui si prendono le mosse. È il Logos incarnato a dischiudere il discorso sulla sua pre-esistenza. La constatazione fa tutt’uno con il primato attribuito alla componente narrativa peculiare del genere letterario vangelo. Secondo la visione coranica Gesù, inviato (rasul) di Allah, ricevette e trasmise al-Ingil (il Vangelo) – sempre al singolare – «pieno di guida e di luce, a conferma della Torah rivelata prima, guida e monito per chi ha timore di Dio» (Corano 5,46). Tranne che in un caso, nel Corano, Vangelo e Torah sono sempre citati assieme. Tutti e tre sono Libri fatti scendere da Dio sui suoi inviati, rispettivamente Mosè, Gesù e Muhammad. Per l’islam, dunque, il Vangelo è la rivelazione compiuta da Dio tramite Gesù, mentre per i cristiani i vangeli sono, in primis,  memorie apostoliche dei detti e dei fatti di Gesù Cristo. L’islam non ignora l’esistenza di «detti e fatti» attribuiti a Muhammad (hadith); anzi per il mondo sunnita questo riferimento costituisce una componente così autorevole da formare una delle fonti della sharia. Tuttavia essi sono sempre e comunque subordinati al Corano. Di contro, nel cristianesimo proprio le «memorie apostoliche» hanno costruito la base da cui si è sviluppato il «Vangelo quadriforme», accolto nella Chiesa come il culmine della rivelazione.

Il primato evangelico ha conseguenze dirette anche sul piano della traduzione. Resta fuori discussione che uno dei nuclei più profondi dei Vangeli sia costituito da una serie di detti attribuiti a Gesù (e in questa sede non interessa discutere il problema della loro autenticità). Questa presa d’atto presuppone una distanza linguistica incolmabile. I quattro Vangeli canonici sono stati redatti in lingua greca, vale a dire in un idioma diverso da quello parlato da Gesù. Da questo punto di vista lo snodo fondamentale sta nella constatazione che nell’ambito originario legato alla trasmissione dei detti di Gesù intervenga subito la traduzione. Per dirla in maniera più allusiva, rispetto ai Vangeli, «in principio era la traduzione». Ciò segna una incolmabile distanza iniziale rispetto alle parole di Gesù, di cui, al più, ci è giunto qualche isolato frammento in aramaico (cf. «Talità kum» Mc 5,41; «Abba» Mc 14,36). Sull’altro versante questa situazione legittima però il fatto che quei detti di Gesù – come è effettivamente avvenuto fin dall’antichità – siano trasmettibili in molte lingue, nessuna delle quali può rivendicare a se stessa in modo pieno un ruolo egemone. Nel cristianesimo, quindi, non si è mai posta in modo cogente la questione di tradurre l’intraducibile; infatti il suo stesso inizio si colloca già nell’ambito della traduzione, dato di fatto che pone di per sé il tema ineludibile delle molteplici inculturazioni proprio della  fede in Gesù Cristo.

Piero Stefani

 

Passeggiata istituzionale

 

Mi scuso con Filiberto per il ritardo con cui ho letto la sua richiesta di indicare un modo alternativo alla sfilata militare su via dei Fori imperiali per celebrare la Festa della Repubblica. Non mi è difficile indicarlo. Avanzerei l’ipotesi di una «passeggiata istituzionale» in cui il capo dello Stato, quello del Governo, i presidenti dei due rami del Parlamento, quello della Corte costituzionale e una rappresentanza di altre istituzioni e dei cittadini (potrebbero essere gli invitati nell’attuale ricevimento nei giardini del Quirinale, manifestazione che verrebbe così opportunamente abolita) si muovessero a piedi nei brevi spazi romani sede delle rispettive istituzioni. Si potrebbe cominciare da palazzo Madama, salire a Montecitorio, sostare davanti a palazzo Chigi e infine raggiungere piazza del Quirinale sede sia della Presidenza della Repubblica che della Corte, là si terrebbe il discorso ufficiale.

 

 




[1]Id, LVI.

[2] Id,  LIII

 

 

 

 

 

394__Corano e Vangeli (08.07.2012)ultima modifica: 2012-07-07T11:58:00+02:00da piero-stefani
Reposta per primo quest’articolo

Un pensiero su “394__Corano e Vangeli (08.07.2012)

  1. Idea da raffinare. Tra le istituzioni manca la Magistratura, perché la corte costituzionale non fa parte dell’ordine giudiziario. E, a ben vedere, manca anche il popolo, che almeno il 2 giugno bisognerebbe onorare come il sovrano.

I commenti sono chiusi.