Recensione di Enzo Bianchi, priore di Bose, al libro di Piero Stefani “Fede nella Chiesa?”

 

Con Piero Stefani alla ricerca
delle ragioni “per continuare a credere”

Enzo Bianchi

 

 

 

 Un’antica tradizione monastica, ripresa anche in ambienti ecclesiali contemporanei, chiede che all’inizio della Quaresima ciascuno riceva o scelga un libro dalla biblioteca per poterlo leggere e meditare durante quei quaranta giorni in cui la penitenza non è tesa a una sterile mortificazione bensì al rinnovamento della propria libertà interiore nei rapporti con Dio e con il prossimo. È una prassi preziosa per tutti, utile per alimentare la vita spirituale e per abituarci a prendere il tempo di riflettere su quanto accade in noi e accanto a noi. A quanti, dentro e fuori la chiesa, volessero approfittare di una stagione più raccolta per sostare sul significato del credere, sul rapporto tra fede e religione, sulla presenza della chiesa e dei cristiani nella nostra società, un recente volume di Piero Stefani (Fede nella chiesa?, Morcelliana, pp. 232, e 16,50) offre spunti di grande sapienza. L’autore – docente di ebraismo alla Facoltà teologica di Milano e vice-presidente di Biblia, l’associazione laica che promuove la presenza della Bibbia nel panorama culturale italiano – ripercorre da credente costantemente in ricerca le ragioni «per continuare a credere», le sottopone al vaglio delle sfide odierne tra «cronache ecclesiali e cattolicesimo secolare», orientandole lucidamente verso le «cose ultime», richiamando cioè la comunità cristiana a quella memoria del futuro così intrinseca alla sua fede nella resurrezione.

È un discorso organico quello di Stefani, che non rifugge da riletture critiche di tanti comportamenti dei cristiani nella storia, anche contemporanea, ma che cerca costantemente di andare oltre i travisamenti e gli errori per «ritornare» – ecco un elemento tipicamente quaresimale in senso forte – al dettato evangelico e alla testimonianza quotidiana di tanti uomini e donne di fede. Molto illuminanti in questo senso sono le pagine in cui analizza la deriva individualistica cui può condurre la mancanza sistematica di dialogo autentico e di ascolto reciproco: se già per Tommaso d’Aquino coscientia significa cum alio scire, «sapere con altro», allora «nulla tradisce di più la voce della coscienza che il renderla equivalente a un’opinione personale sorta nella propria mente».

Analogamente non sono interscambiabili l’odierno concetto di «opinione pubblica» (sempre più formata e plasmata dai mass media) e il sensus fidelium, quel sentire della comunità dei fedeli capace di discernere ciò che è coerente con il Vangelo e ciò che invece disumanizza l’uomo. Anche quando Stefani osserva amaro che «il nostro è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ma la Chiesa italiana appare sempre più quella di Esaù», l’appello risuona in realtà per ciascun lettore a interrogarsi su qual è il piatto di lenticchie per il quale è disposto a perdere il suo patrimonio più prezioso.

Davvero sono interrogativi che interpellano il «non credente» presente in ogni credente e che quindi non sono estranei a chi credente non ritiene di essere. In fondo, l’interrogativo del titolo – Fede nella chiesa? – si scioglie nel corso del libro in una sofferta e profonda affermazione del poter «credere al Vangelo nella Chiesa di oggi». E, quindi, del poter rendere conto della propria fede in un mondo plurale, senza arroganza e in piena solidarietà umana.


Autore: Piero Stefani

Titolo: Fede nella chiesa?

Edizioni: Morcelliana

Pagine: 232, Prezzo: 16,50 euro


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(fonte: Tuttolibri, in edicola sabato 25 febbraio)

 

Recensione di Enzo Bianchi, priore di Bose, al libro di Piero Stefani “Fede nella Chiesa?”ultima modifica: 2012-02-25T12:10:00+01:00da piero-stefani
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