305. La benedizione di parlar chiaro (25.09.2011)

 

Pensiero della settimana n. 353

 

In un contesto come quello cattolico italiano (e certo non fa eccezione quello ferrarese)  in cui alla  pavida o interessata reticenza di molti fa riscontro, sull’altra sponda, lo scomposto gridare di pochi è difficile imbattersi in un argomentare solido e asciutto, coraggioso e onesto, acuto e pertinente. Tutte queste doti le si ritrovano nelle risposte che Giorgio Vecchio (docente di storica contemporanea all’Università di Parma) ha fornito in un’intervista «150 anni di unità nazionale; 140 anni di movimento cattolico» apparsa su Appunti di cultura politica 4,2011. A lui questa settimana cedo volentieri la parola. L’ampia intervista pone le stesse domande a tre studiosi, Vecchio, Saresella  e Pombeni. Il testo merita una lettura integrale, qui però ci si limita a riportare la maggior parte delle risposte fornite da Vecchio.

 

La Chiesa e il Movimento cattolico organizzato, che 140 anni fa erano schierati contro l’unità nazionale nello Stato-Nazione, oggi sembrano quasi gli unici difensori – sul piano “ideale” ed etico-civile – di quella stessa unità. Cosa significa questo cambiamento di posizioni?

 

     Rispondo in modo provocatorio. Non vorrei che il cambiamento di posizioni sia soltanto la conferma dell’incapacità della Chiesa-istituzione di cogliere per tempo i segnali di cambiamento nella storia. Centocinquanta anni fa, la Chiesa non comprese che alla nascita di uno Stato unitario e laico, prima o poi, si sarebbe comunque arrivati e che il Risorgimento si sarebbe fatto, con o senza il suo assenso. Oggi la Chiesa si fa paladina dello Stato unitario e io – che sono ancora fautore dell’Unità italiana – ne sono contento. Ma non sono così sicuro che lo Stato unitario sia destinato a reggere per tanto tempo ancora, almeno se non cambieranno sostanzialmente le cose in Italia.

 

Nell’Ottocento i maggiori democratici italiani (Mazzini, Cattaneo, Garibaldi, Crispi, Cavallotti ecc.) erano laicisti, anticlericali e, spesso, massoni. Nel Novecento i maggiori democratici italiani (Sturzo, De Gasperi, Gronchi, Dossetti, Moro, Fanfani, La Pira, Zaccagnini ecc.) erano cattolici. Cosa sarà nel XXI secolo?

 

Intanto speriamo che nel XXI secolo possano esserci tanti autentici democratici. Anche su questo punto avanzerei qualche dubbio, a costo di sembrare pessimista. Comunque, credo che i democratici del XXI secolo saranno piuttosto eclettici come formazione: di certo, ben pochi arriveranno dalle grandi “madri” del XX secolo (Chiesa, ideologie, partiti di massa). Mi immagino persone maturate democraticamente sui grandi temi dei diritti umani, dell’ambiente, della critica alla pervasività dei media. La vera sfida epocale sarà, tuttavia, quella di trasmettere i valori della democrazia novecentesca ai popoli dell’Europa centro-orientale (vedi Ungheria attuale, oltre a Russia e dintorni) e a quelli del mondo arabo-maghrebino: sia che restino a casa loro sia che costruiscano  un melting pot nella penisola italiana. Qualcuno sta pensando a formare democraticamente i futuri milioni di cittadini italiani provenienti, in prima o seconda generazione, dal Sud di Lampedusa?

 

Dopo la “stagione alta” legata a quei cattolici democratici eminenti, come si spiega – fatte salve alcune apprezzabili eccezioni, che tuttavia eccezioni restano – la timidezza delle gerarchie e di buona parte del laicato cattolico italiano a fronte dell’attuale, oggettiva restrizione degli spazi di democrazia e del vistoso degrado etico della vita pubblica e politica?

 

Ricordiamo, per cominciare, che tutti quegli “eminenti” sono stati  sistematicamente bastonati dalla gerarchia: non ne conosco uno che abbia avuto vita facile con i papi e i vescovi del proprio tempo. La timidezza della gerarchia dipende dalla scarsa personalità di molti prelati (in Vaticano e nelle diocesi), scelti spesso con il criterio del “quieto vivere”.  Inoltre, il pontificato di Giovanni Paolo II non ha certo favorito l’autonomia dell’episcopato. Quanto al laicato e anche al clero, molti parlano e si espongono. Purtroppo ogni voce dissenziente dà fastidio e non trova spazio e simpatie nella stampa cattolica “ufficiale” e, men che meno, nelle tv, a meno che sua collocato su posizioni estremiste e pertanto contribuisca a “fare audience”.

(…)

 

In questi 150 anni due svolte storiche sono state realizzate dalla Costituzione della Repubblica e dal Concilio Vaticano II. I cattolici laici “della Costituzione e del Concilio” sembrerebbero essere oggi una parte e non il “tutto” del laicato cattolico. È così? Perché? Con quali luci e ombre?

 

Intanto quelli che vengono definiti i cattolici laici “della Costituzione e del Concilio” sono sempre stati minoranza nel grande corpo della Chiesa. Due esempi noti: De Gasperi era solo di fronte a Gedda e a Pio XII, Moro solo di fronte a Siri… L’azione di questi uomini si è scontrata con le resistenze di una gerarchia sorda a ogni reale forma di autonomia del laicato e preoccupata di conservare, anzitutto, le prerogative dell’istituzione. La capacità loro fu quella, a un dato momento, di costringere la gerarchia ad adattarsi, imponendo ai cattolici italiani un’egemonia pur provvisoria, ma efficace. Però oggi non vedo chi possa compiere tali operazioni. E, poi, su quale progetto? Con  quali obiettivi? Esiste una reale povertà su questo terreno, la cui colpa non può però essere fatta ricadere sulla sola gerarchia.

 

Il crollo del “materialismo teorico” novecentesco (ateismo filosofico e di Stato, neopaganesimo razzista, Stato etico) non ha coinvolto il “materialismo pratico” che anzi – con il neoliberismo egemone – trionfa globalmente. Il cattolicesimo italiano è consapevole di questa sfida? Ne è all’altezza?

 

Azzardo un giudizio drastico: raramente i cattolici italiani hanno capito per tempo quel che stava succedendo, dal significato dell’avvento del fascismo alle implicazioni insite nella comparsa della TV, dalla valutazione realistica di cosa avrebbe comportato la società dei consumi, agli effetti dell’irrompere del craxismo e del berlusconismo. A loro difesa, va detto che in questo sono sempre stati in buona e ampia compagnia. Concesso che è sempre molto difficile cogliere al volo i cambiamenti epocali, perseverare non è angelico…Il materialismo pratico è oggi dentro i credenti, come dimostra il rapporto schizofrenico sui temi della morale – pubblica e privata – , della ricchezza, della carità quotidiana. Su questi temi, già tanti anni fa, Scoppola aveva fatto pertinenti osservazioni su una Chiesa schierata in battaglia contro il comunismo e sorpresa alle spalle da un nemico tutto diverso: la società dei consumi.

 

La storia del cattolicesimo italiano mostra non solo che c’è sempre stato (in forma minoritaria o più diffusa) un pluralismo politico, ma anche che, spesso, alcuni settori ecclesiali (non solo laicali) hanno avuto rapporti difficili e contrastati con la gerarchia. Qual è oggi la situazione? In che misura e in che forma esiste un disagio nei confronti della “chiesa docente”? Di chi e perché?

 

Il pluralismo politico è sempre esistito in Italia, fin dal Risorgimento. Perfino il 18 aprile 1948 non si raggiunse un’unità assoluta dei cattolici, anche se la si sfiorò. Il guaio è che la Chiesa, nel suo complesso, non è mai stata capace – o non ha mai voluto – ragionare seriamente sul tema del pluralismo politico. Così, dall’unità attorno alla Dc – proclamata anche fuori luogo e senza molto discernimento – si è arrivati a un pluralismo “diseducato” e accolto solo in quanto accompagnato da un impegno politico diretto della gerarchia. Ma il pluralismo dei cattolici rimane e bisogna pure interrogarsi sui suoi limiti: per un credente esiste o no un rapporto tra fede e prassi politica (sia pure soltanto nell’esercizio del diritto-dovere di voto)? Un credente può votare/sostenere un movimento razzista, stalinista, nazista (faccio solo gli esempi più estremi, per comodità)?

Anche al pluralismo politico bisogna educarsi.

                                                                                                          

 

305. La benedizione di parlar chiaro (25.09.2011)ultima modifica: 2011-09-24T06:00:00+02:00da piero-stefani
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