348. Altri luoghi (10.07.2011)

Pensiero della settimana, n. 348

 

Il Cantico di frate sole comincia rivolgendosi a Dio per poi scendere alle creature e, attraverso esse, risalire  a Dio. Guardati in loro stessi sole, luna, stelle non parlano di Dio, essi non hanno fede e il loro esistere può essere spiegato in modi diversi da quello di appellarsi a un Dio creatore che si prende cura delle opere delle sue mani. A far trasparir la presenza di Dio sono le persone di Dio: raramente le incontriamo nella nostra vita; più di frequente ce ne è tramandato il ricordo. Sono esse che, con la mite purezza del loro credere e con il loro modo di entrare in relazione con gli altri esseri viventi, ci dischiudono la prospettiva dell’«oltre». Sono loro a testimoniarci che il sole, la luna e le stelle parlano di Dio. Non c’è altra via: la luna di Leopardi non è meno luna di quella di Francesco.

 

Proust afferma che il vero viaggio è la letteratura che si consente di vedere le cose con gli occhi degli altri, mentre, quando si viaggia fisicamente, si attraversano luoghi ma non mutano gli occhi. Tuttavia se si ascolta si può mutare orecchi. Altri giungono a te e tu stesso cambi in virtù di quegli incontri. Ma si sa che è proprio del turista guardare e assaggiare, mentre gli è precluso ascoltare.

 

 

Ogni realtà, colta nell’ambiente che le è più proprio, riscatta se stessa. La nutria è un animale poco attraente, un grosso topo da fogna che tenta, vanamente, di diventar castoro. Eppure, quando, in un canale della Bassa, la si vede nuotare placidamente,  manifesta una composta eleganza rispecchiata dalla ritmica scia che lascia dietro di sé. Dal canto suo, il musetto appuntito che buca il pelo dell’acqua comunica l’idea di intelligente vivezza.

 

 

Sacra di S. Michele (Torino), S. Romedio (Trento): case costruite sulla roccia al punto da diventare un prolungamenti della roccia stessa  che svetta  verso il cielo.

 

 

Roma. Una vecchia, famosa canzone si intitolava il cielo in una stanza. La realizzazione architettonica più pertinente dell’espressione la si trova nel tempietto di Bramante a S. Pietro in Montorio. Lì il cielo stellato dipinto sulla cupoletta, qualunque sia la sua origine, appare coerente con quel microcosmo di pietra che tutto racchiude nella perfezione della circolarità. Non c’è più un orientamento che non sia interno.  Non è il mondo, è il suo ombelico; per questo è appropriato che il tempietto sorga all’interno di un chiostro.

 

 

Tracce di cristianità. Il castello di Bergamo è il seminario. L’edificio è una fortezza che domina dall’alto la città. Al suo interno ci sono passaggi scavati nella roccia che formano una specie di galleria con la funzione di collegare spazi vasti, scalinate marmoree, ingresso con mosaici. Dal suo interno si godono splendidi scorci  su torri, campanili, facciate, degradar di tetti. Allargando il campo visivo, da una lato vi è la montagna, dall’altro una pianura densamente popolata. Il seminario sigilla la città come un coperchio. Tuttavia vi è una controspinta a questo senso di cristianità chiamata a dominare: il ricordo palpabile di papa Giovanni e di quanto la sua figura significò per l’intera Chiesa cattolica. L’immensa statua bronzea di Roncalli posta sull’ingresso è sintesi, problematica, dei due volti propri del seminario bergamasco.

 

Notarelle relative a  una visita alla pinacoteca di Brera

a)       Mantegna Cristo morto: il dolore è di chi sopravvive, il terreo è di chi muore.

b)      Giovanni Bellini, Pietà. Gli occhi di Maria quasi sprofondano in quelli chiusi del figlio. Giovanni non ce la fa e guarda altrove.

c)       Piero della Francesca, Vergine con il bambino e santi. Si può sforzare la pittura anche portando alle estreme conseguenze la sua staticità. L’immobilità irrealistica esprime l’eternizzazione del tempo. Nonostante ci siano la conchiglia e l’uovo di struzzo, peraltro appeso a un filo di implacabile perpendicolarità, qui è difficile scorgere l’irruzione dell’eterno nel tempo.

d)      Caravaggio, La cena di Emmaus. L’emersione della luce sul volto di Gesù a opera della mano benedicente: è da lì che lo si riconosce. Eppure la luce nelle tenebre si rifrange soprattutto sull’oste e sull’ostessa che nulla sanno.

e)       Cima da Conegliano, San Pietro martire. Il santo è una statua posta su un piedistallo. Tutto, dal corpo al coltello piantati sulla testa è statuario, tranne il volto vivo e umanissimo. Alla base del piedistallo, l’angiolino musicante è, poi, un ricciuto bimbo veneto, con lo sfumato che rende vivi le guance e, soprattutto, gli occhi trasognati e fissi a un tempo.

f)        Giorgio Morandi; nell’età contemporanea la piena staticità si raggiunge solo nella natura morta. La fissità eterna è affidata più alle cose che alle persone. I tempi di Piero sono irrimediabilmente tramontati.

 

Fra Antonio da Negroponte, Venezia S. Francesco della Vigna,  Vergine in trono con bambino (1450): un’immagine che proviene da un tempo in cui una composta serenità poteva sembrare estendersi, in modo quasi omogeneo, dal Padre che è nei cieli alle bestiole che vivono sulla terra.

 

Piero Stefani

 

 

 

 

 

 

348. Altri luoghi (10.07.2011)ultima modifica: 2011-07-09T06:00:00+02:00da piero-stefani
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Un pensiero su “348. Altri luoghi (10.07.2011)

  1. Caro Piero, ti riferisco un piccolo e non particolarmente significativo aneddoto su Elémire Zolla, che ho avuto modo di conoscere personalmente in età poco più che adolescenziale. Si trovava a casa mia, ospite dei miei, e “osò” tessere l’elogio della dimesione contemplativa, certo il “suo” tema, alla presenza della mia mamma. Questa, che, notoriamente, non aveva peli sulla lingua, vedendosi sbandierare sotto il naso il vessillo di Maria e sentendosi -forzatamente, ritengo- Marta fino nelle midolla, gli contestò, con precisione filologica e con fare non proprio diplomatico, questa sua visione opzionale della vita, contrapponendogli la faticosa cocretezza e il valore della dimensione operativa, quella -a suo dire, ma non solo suo, naturalmente- interpretata da chi, facendosi carico degli impegni materiali, consentiva anche a lui di vivere la sua contemplazione. Il poveretto, colto alla sprovvista ed evidentemente poco avvezzo a siffatte contestazioni, a quel tempo non proprio così frequenti, tacque imbarazzato. Piacque alla mamma, ma, confesso, anche a noi, leggere quel silenzio come importante risarcimento del tanto bistrattato lavoro materiale e sostanzialmente “donnesco”. Povero Zolla! Così bistrattato dalle “donne” di casa Chiappini!
    Buone vacanze.
    Sandra

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