325. Camminare in novità di vita[1]

Il pensiero della settimana 325

 

Siamo qui, rappresentanti di Chiese storiche, riuniti per camminare in novità di vita. Storiche, così sono definite le nostre Chiese, e così siamo. Appesantiti da una lunga vicenda non soltanto di divisioni, ma anche di un passato rispetto al quale non vogliamo morire. Molte altre comunità cristiane più giovani ed espansive, più vicine agli entusiasmi dello Spirito, più leggere nell’organizzazione e nell’appartenenza, più propense alla mobilità o al mescolarsi reciproco degli influssi o, all’opposto, più irrigidite nell’intransigenza  non pregano con noi. Già in partenza si tratta di un’unità ridotta, persino nella preghiera. Molti non partecipano a questo pregare che da un secolo chiede la stessa cosa in un mondo diversissimo da quello di  cento anni fa. Ci è domandato di camminare in novità di vita avendo sulle spalle il peso della storia.

La stessa richiesta è rivolta a noi che viviamo in un paese, l’Italia, contraddistinto da una storia lunga e grande e da un presente che è causa di vergogna a noi stessi: vergogna di non riuscire a dire una parola capace di far uscire dallo smarrimento, di non essere in grado di prospettare sguardi diretti a un domani contrassegnato dalla speranza in  una rigenerazione. I 150 anni di vita nazionale sono celebrati in un’epoca di umiliazione e in un paese diviso in se stesso.

La gerarchia cattolica, oggettivamente la più significativa rispetto alla storia del nostro paese, non sa più pronunciare alcuna parola contrassegnata dal tono dell’autentica parrēsia evangelica, da un parlare contraddistinto da un limpido e franco «sì, sì; no, no» (Mt 5,37). Ciò vale anche per la diocesi a cui appartengo, quella di Ferrara-Comacchio.  Del resto, ormai da anni, questa settimana di preghiera avviene «etsi episcopus non daretur»; anzi, la non presenza del vescovo è, in pratica, una delle condizioni perché chi tenacemente la vuole la possa celebrare.

Camminare in novità di vita. Perché è così difficile? La risposta prima e più vera è contenuta nel brano stesso di Paolo da cui  questa fase è tratta. È un passo retto da un paradosso. Lo si coglie subito confrontandone il contenuto con il nostro essere naturale, sociale, culturale, personale. Per noi la nascita e la vita sono il nostro passato e il nostro presente, mentre la morte è il nostro futuro. Il nostro morire ci sta davanti: per saperlo non occorre rivolgersi alla filosofia dell’esistenza. La morte è innanzi a noi collocata in un imprecisato, ma certo, domani. Di contro, in conformità alle parole di Paolo, per il nostro credere è la morte a essere alle nostre spalle, mentre la vita piena ci sta ancora davanti. Siamo vivi, eppure non ancora pienamente partecipi alla vita del Risorto. Dobbiamo camminare in novità di vita essendo ancora al di qua della vita vera.

Tradotto alla lettera, il nostro brano suona così: «O ignorate che quanti siamo stati immersi nella morte di Cristo Gesù nella morte di lui siamo stati immersi? Siamo stati con-sepolti con lui dunque per mezzo dell’immersione per la morte affinché come risuscitò Cristo dai morti per la grazia del Padre così anche noi in novità di vita camminassimo. Se infatti siamo stati innestati a somiglianza della morte di lui, ma anche della resurrezione saremo […] se ora siamo morti con Cristo crediamo anche che con-vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più, la morte non ha più potere su di lui» (Rm 6, 3-9).

Synetaphēmen, «siamo stati con-sepolti», syzēsomen autō «con-vivremo con lui». La vita della fede, quella in cui siamo chiamati a camminare in novità di vita, è paragonabile a un «sabato santo»: siamo già sepolti con Gesù Cristo, ma non siamo ancora risorti con lui. In questo sabato, però, non ci è dato di riposare; al contrario, ci è chiesto di camminare e, così facendo, di anticipare in qualche modo nella nostra  vita  quanto è ancora da compiersi.

La novità di vita comporta non il riposo, ma l’impegno. Essa si misura ancora con la possibilità del peccato. Per noi non è ancora giunto il tempo del riposo. A proposito del nostro brano il pastore Fulvio Ferrario ha scritto: «Non esiste alcuna zona franca, ma solo terreno conteso. La novità di vita, lungi dall’essere una sorta di ascensione nel mondo beato della resurrezione, consiste nell’essere gettati in questo campo di battaglia, per prendere parte al conflitto. La giustizia chiede imperiosamente all’essere umano da che parte si collochi».[2]

Il  sapere da che parte si sta consegue dall’atto di prendere partito, di aver il coraggio di scegliere e di schierarsi in questo tempo di indifferenza crescente, di servilismo interessato, di attendismo tattico, di silenzi sospetti, di protagonismi narcisistici e autocelebrativi, di sfrontatezza insolente. Bisogna dichiarare apertamente da che parte si sta. Non solo ammonire, ma anche compromettersi. È proprio qui che irrompe la radicale riserva escatologica del credente. Questa tenace volontà di cercare di vivere in conformità alla novità di vita non è ancora la resurrezione. Schierarsi non significa essere compiutamente con-vivi con lui. È evidente: il prendere partito, per definizione, non può essere celebrazione dell’unità, neppure quella che si dà  nella diversità. Scegliere significa stare da una parte. Ciò ci è chiesto dall’essere con-sepolti con lui, dall’essere morti al corpo del peccato. La non acquiescenza, la rottura con il mondo dell’indifferenza si dispiega nella simultanea, paradossale compresenza della nostra impotenza e della nostra responsabilità, della nostra inadeguatezza e del nostro impegno, del nostro peccato e della nostra sete di giustizia. 

Piero Stefani




[1] Predicazione tenuta nella chiesa evangelica battista di Ferrara il 24 gennaio 2011 nel quadro della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

[2]  Studi ecumenici, 2,2010, p. 413.

325. Camminare in novità di vita[1]ultima modifica: 2011-01-29T10:12:00+01:00da piero-stefani
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Un pensiero su “325. Camminare in novità di vita[1]

  1. “etsi episcopus non daretur” …. forse nella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ma in altri fatti, sì, c’è e le sue decisioni peseranno a lungo nella vita della chiesa di Ferrara-Comacchio. Purtroppo.

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