310 – L’abbaglio della scristianizzazione (17.10.210)

Il pensiero della settimana, n. 310 

 

Con la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Ubicumque et semper Benedetto XVI ha, in questi giorni, ufficialmente costituito il Pontificio consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione. A capo del  dicastero curiale ci sarà un Arcivescovo. Da ciò si deduce che mons. Fisichella (nominato presidente ancor prima che fosse istituito l’organismo) non riceverà, per questa sua carica, il cappello cardinalizio. Le buone notizie, però, si fermano qui.

La lettera è dedicata a istituire un pontificio consiglio che ha nel suo titolo la parola «nuovo», tuttavia essa coniuga le linee guida del neonato dicastero all’insegna della regressione. Il presupposto che muove il testo è che i paesi del primo mondo un tempo fossero cristiani, mentre ora, sia pure con dinamiche differenziate, sono pervasi da quella che, con il linguaggio del diciannovesimo secolo, si sarebbe chiamata la peste dell’indifferentismo (oggi chiamato relativismo). Dall’alto della sua erudizione (aveva infatti anche quella), Giacomo Leopardi nei Pensieri (cfr. n. XXXIX)  ironeggiava, attraverso citazioni  di vari autori, sul detto secondo cui non ci sono più le mezze stagioni. Prove alla mano, egli indicava come non ci fosse nulla di più costante che il ripetere, nel corso delle epoche, quel «non ci sono più». Analogamente, con un po’ di pazienza si potrebbe, risalendo indietro nel tempo, radunare una serie di pronunciamenti papali volti a denunciare la progressiva  scristianizzane della società. Per molti aspetti, quanto meno dall’epoca della Rivoluzione francese in poi, si può addirittura affermare che questo è stato l’insegnamento più ripetuto da parte della Chiesa cattolica. L’eccezione fu costituta  piuttosto dal linguaggio di papa Giovanni che prendeva le distanze dai profeti di sventura. In effetti, quanto si vuole definitivamente assorbire nell’attuale pontificato è l’eco – ormai, paradossalmente, caratterizzata più  dalla nostalgia che dalla speranza –  di quella voce «eccezionale». 

La denuncia della scristianizzazione della società moderna è ormai storia  plurisecolare. Spesso si accusa, mentre di rado si afferma che qualche responsabilità in relazione a questo stato di cose è imputabile anche alla Chiesa e al suo non aver vissuto, per tanti aspetti, in conformità con l’evangelo. Quanto cambia nella denuncia dei pontefici è la retorica del linguaggio che oggi non ha più la forza di essere «apocalittico» come lo era ancora ai tempi di Pio X: «Tanta è […] l’audacia e l’ira con cui si perseguita dappertutto la religione, si combattono i dogmi della fede e si adopera sfrontatamente […] ad annientare ogni rapporto dell’uomo colla divinità! […] l’uomo stesso con infinita temerarietà, si è posto in luogo di Dio, sollevandosi soprattutto contro ciò che chiamasi Iddio; per modo che, quantunque non possa spegnere interiormente ogni notizia di Dio, pure, manomessa la maestà di Lui, ha fatto dell’universo quasi un tempio a se medesimo per esservi adorato: “si asside nel tempio di Dio mostrandosi quasi fosse Dio” (2Ts 2,4)» (Enciclica E supremi apostolatus 1903). Il succo del discorso è lo stesso; tuttavia  Benedetto XVI trova di fronte a sé  un avversario che non si dà più neppure la briga di essere aggressivo e ciò snerva il linguaggio della denuncia. Come tante realtà del nostro mondo, la parola che accusa è privata della stessa capacità di indicare la prossimità di una fine (quando c’è un crollo si può sperare di ricominciare) ed è condannata a una reiterazione sempre più flebile. Se evocasse l’anticristo Ratzinger creerebbe solo imbarazzo anche e soprattutto tra le sue fila. Il linguaggio ormai si è addomesticato: «Nel nostro tempo, uno dei suoi tratti singolari è stato il misurarsi con il fenomeno del distacco dalla fede, che si è progressivamente manifestato presso società e culture che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo. […] E se da un lato l’umanità ha conosciuto innegabili benefici da tali trasformazioni e la Chiesa ha ricevuto ulteriori stimoli per rendere ragione della speranza che porta (cfr 1Pt 3,15), dall’altro si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili, come la fede in un Dio creatore e provvidente, la rivelazione di Gesù Cristo unico salvatore, e la comune comprensione delle esperienze fondamentali dell’uomo quali il nascere, il morire, il vivere in una famiglia, il riferimento ad una legge morale naturale. Se tutto ciò è stato salutato da alcuni come una liberazione, ben presto ci si è resi conto del deserto interiore che nasce là dove l’uomo, volendosi unico artefice della propria natura e del proprio destino, si trova privo di ciò che costituisce il fondamento di tutte le cose.» (Ubicumque et semper).

L’errore di analisi non si concentra nel modo di tratteggiare l’età presente. Questo quadro, infatti, è frutto della maniera in cui si erano dipinte le società precedenti: lo sbaglio si annida lì. Il distacco è avvenuto «in società e cultura che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo».  Nessuna società apparsa su questa terra è stata conforme al Vangelo e se qualcuna ha dichiarato di esserlo lo ha fatto soltanto  perché ha tradito il Vangelo, a iniziare proprio da questa stessa dichiarazione. Sono esistiti ed esistono credenti; ma se si assume l’aggettivo in senso proprio non sono esistite e non esistono società impregnate di Vangelo. Sono esistite solo società in cui il sacro costituiva una forma di collante collettivo nel senso della religio (da re-legare), ma ciò è esattamente quanto la predicazione evangelica ha cercato di mandare in frantumi al fine di attestare un modo diverso di vivere la fede. Proprio la vita dei credenti guidata dalla fede, dalla speranza e dell’amore rappresentaerebbe, peraltro, l’unica,  mite  testimonianza consona a quanto merita di venir chiamata «nuova evangelizzazione».

 

Piero Stefani

 

 

310 – L’abbaglio della scristianizzazione (17.10.210)ultima modifica: 2010-10-16T11:11:00+02:00da piero-stefani
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2 pensieri su “310 – L’abbaglio della scristianizzazione (17.10.210)

  1. I “Funzionari di Dio”, con il loro capo, il Santo Padre, risiedente nella Santa Sede, vogliono ricristianizzare l’occidente ricco e opulento, ma, che ha smarrito l’evangelo. L’occidente, ricco ed opulento, è quella parte del mondo che è nata anche dal cristianesimo ed umanesimo relativo. Proprio da quelle radici giudaico-cristiane tanto rivendicate dai Funzionari di dio.Qualcosa non torna nel ragionamento.Caro Piero Stefani, nella frase che segue, Lei esprime una verità storica inconfutabile:” Spesso si accusa, mentre di rado si afferma che qualche responsabilità in relazione a questo stato di cose è imputabile anche alla Chiesa e al suo non aver vissuto, per tanti aspetti, in conformità con l’evangelo”.
    Per chi crede e si confronta con l’Evangelo e, con la propria coscienza, le argomentazioni della gerarchia vaticana sulla rievangelizzazione sono una foglia di fico, che lascia scoperta la grande contraddizione tra vita di Gesù, predicazione evangelica, e istituzione, a partire dai falsi decreti di Costantino, del cattolicesimo romano. Io credo che L’evangelo non predichi un potere temporale, io credo che Gesù non sia venuto, vissuto e morto per la bulimia di potere tutta romana che ancora hanno i cosiddetti successori di Pietro ed i suoi eletti. Il Maestro primizia tra fratelli è venuto nella grazia dei figli di Dio per rendere testimonianza alla verità con la capacità che Lui aveva di compassione e di misericordia , per restituire l’uomo all’uomo, e tutta L’umanità a Dio: ” La tua fede ti ha salvato”
    La chiesa, Lei mi insegna professore, non è l’edificio, nè la gerarchia (sulla cattedra di Mosè si sono assisi gli scribi ed i farisei, dicono ma non fanno…. Mt/23), ma è la fraternità, la sororità dei credenti, che hanno avuto la grazia di conoscere il maestro , alla maniera che a Lui piaceva, cioè come un amico, un soccorritore, un fratello maggiore, cui è facile aderire prima che con l’intelligenza con il cuore, con un abbraccio di amore e condivisione. Il santo spirito che ammaestra soffia dove vuole, rifugge la finzione, ma cerca la verità.
    Sap. cp I :”Amate la giustizia, voi che governate sulla terra,rettamente pensate del Signore,cercatelo con cuore semplice. Egli infatti si lascia trovare da quanti non lo tentano,
    si mostra a coloro che non ricusano di credere in lui.
    I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio;
    l’onnipotenza, messa alla prova, caccia gli stolti.
    La sapienza non entra in un’anima che opera il male
    né abita in un corpo schiavo del peccato.
    Il santo spirito che ammaestra rifugge dalla finzione,
    se ne sta lontano dai discorsi insensati,
    è cacciato al sopraggiungere dell’ingiustizia.
    La sapienza è uno spirito amico degli uomini;
    ma non lascerà impunito chi insulta con le labbra,
    perché Dio è testimone dei suoi sentimenti
    e osservatore verace del suo cuore
    e ascolta le parole della sua bocca.
    Difatti lo spirito del Signore riempie l’universo
    e, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce.
    Per questo non gli sfuggirà chi proferisce cose ingiuste,
    la giustizia vendicatrice non lo risparmierà.
    Si indagherà infatti sui propositi dell’empio,
    il suono delle sue parole giungerà fino al Signore
    a condanna delle sue iniquità;
    poiché un orecchio geloso ascolta ogni cosa,
    perfino il sussurro delle mormorazioni
    non gli resta segreto.
    Guardatevi pertanto da un vano mormorare,
    preservate la lingua dalla maldicenza,
    perché neppure una parola segreta sarà senza effetto,
    una bocca menzognera uccide l’anima.
    Non provocate la morte con gli errori della vostra vita,
    non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani,
    perché Dio non ha creato la morte
    e non gode per la rovina dei viventi.
    Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza;
    le creature del mondo sono sane,
    in esse non c’è veleno di morte,
    né gli inferi regnano sulla terra,
    perché la giustizia è immortale.

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