262 – Ha rovesciato i potenti (27.09.09)

Il pensiero della settimana,  262

«Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1,52). Così il Magnificat. L’oppresso esclama: «Quando, o Signore? Da sempre noi stiamo sotto e loro sopra». Il beffardo sussurra: «E chi ce li ha messi su quei troni? Prevenire è meglio che curare. Perché Dio non impedisce la prepotenza e si limita, come una crocerossina, a curare le ferite?». Il credente che non si sente dimenticato dal suo Dio loda perché, come Maria, comprende che l’innalzamento degli umili non significa metterli al posto dei potenti: «le opere del Signore si compiono in altro modo rispetto alla maniera di esercitare il potere tra i capi delle nazioni: “Tra voi non sia così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore” (Mc 10,43)». Il potente pensa tra sé: «Come ho buttato giù altri, altri forse lo faranno con me. Farò di tutto per impedirlo, ma può capitare: la ruota gira».

Se il verso del Magnificat significasse la semplice sostituzione dei potenti di turno con altri destinati a diventar a loro volta tali,  sarebbe una celebrazione della Fortuna e non del Dio di Abramo, del Dio di Isacco e del Dio di Giacobbe. La fede implica, nel suo versante critico, la scelta di non affidare ai ribaltamenti storici un valore di verifica fattuale dell’azione divina sul mondo. Ben lo comprese Dante quando chiamò in causa la Fortuna (e non già la Provvidenza) come reggitrice delle incessanti permutazioni  degli «splendor mondani»: «per c’una  gente impera e l’altra langue, / seguendo lo giudicio di costei, / che è occulto come in erba l’angue» (Inferno, VII,82-84).

L’innalzamento degli umili non è speculare al rovesciamento dei potenti. Solo in virtù di questa inestirpabile asimmetria si può proclamare che Dio ha fatto l’una e l’altra cosa. La maniera in cui chi è basso è tirato su è del tutto diversa dalle procedure grazie alle quali è rovesciato chi è sopra. L’umile resta sempre tale; lungi  dal vergognarsi del proprio passato, ne celebra  la verità. Di contro il potente,  una volta spogliato della propria  forza (e abbandonato da coloro che un tempo prestavano a lui interessati servigi) non può pubblicamente celebrare quello che ha perduto  perché  sa «di che lagrime grondi e di che sangue».

Vittorio Foa commentando questo verso del Magnificat ha detto: «lì trovi una grande difficoltà dei potenti. I potenti preferiscono farsi rovesciare piuttosto che riconoscere quello che hanno fatto. Perché hanno tanta difficoltà a riconoscere quello che hanno fatto? Se gli dici: guarda puoi stare anche tranquillo ma devi dire “Ho fatto questo”, quelli preferiscono affrontare mari e monti, come ha fatto recentemente Pinochet, piuttosto che riconoscere quello che hanno fatto […] Il riconoscere di aver abusato della loro potenza li squalifica, toglie loro il diritto, preferiscono essere rovesciati da un potere che non riconoscono che riconoscere che non avevano il potere di fare quello che hanno fatto».[1]

In una stagione che molti, in buona misura a motivo di desiderio, qualificano come «crepuscolo del berlusconismo», le parole di Foa trascorrono dalla storia alla cronaca. Di certo l’attuale capo del governo non ammetterà mai. Di sicuro il suo esercizio del potere è l’ennesima prova del legame perenne che esiste tra la menzogna e il potente. Un detto popolare afferma che le bugie hanno le gambe corte. Valutazione in larga parte troppo ottimistica che vale più per i bimbi che per gli adulti. Il proverbio contiene però, in forma banalizzata, qualcosa di grande: la verità ha un’autorità che la costituisce avversaria del potere esercitato grazie alla menzogna. Per questo i potenti hanno paura della verità fino al punto che l’occultamento e la manipolazione di essa divengono parte costituiva del modo di esercitare il loro potere. Le stesse considerazioni valgono per le calunniose strumentalizzazioni del vero da loro brandite come arma, sedicente pura,  nei confronti degli  avversari.

L’innalzamento degli umili comporta riconoscere l’autorità della verità. Qui si tratta non di armi o di forza, ma di purezza di cuore.

Piero Stefani

 




[1] R. Stella (a cura di), Sul Magnificat, Marietti 1820, Genova 2001, p. 189. Nel libro ogni versetto del Magnificat  è commentato da un diverso autore. «Ha rovesciato i potenti dai troni» è affidato a un dialogo, difficile da dimenticare, tra Vittorio Foa e sua figlia Anna.

262 – Ha rovesciato i potenti (27.09.09)ultima modifica: 2009-09-26T15:58:00+02:00da piero-stefani
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Un pensiero su “262 – Ha rovesciato i potenti (27.09.09)

  1. grazie.
    questo post è… magnifico! Tanto tempo fa ho seguito un corso di Bruno Maggioni sull’Apocalisse, e per l’esame avevo comprato il suo piccolo volume, dedicato appunto all’ultimo Libro del Vangelo. Nella sua lettura si sostenevano alcuni dei passaggi concettuali presenti in questo post, e per la prima volta avevo scoperto che il problema della teodicea è un “falso problema”: come dice André Neher è l’astuzia più malvagia escogitata dagli esseri umani per declinare la loro responsabilità. Mi pare che il Magnificat sia, oltre tutto, un meraviglioso compendio dell’intero Libro dell’Apocalisse.

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