229 – L’avvicinarsi del Natale e il senso del presente (14.12.08)

Il pensiero della settimana n. 229

 

Una volta era frequente tenere i diari nei quali, a fine giornata, si  trascrivevano avvenimenti e sensazioni delle ore precedenti. Per farlo occorrevano ritmi lenti, pause, riflessioni. Il bisogno di fissare i ricordi contrastava lo scorrere del tempo; la grafia si contrapponeva all’affievolirsi della capacità di richiamare alla mente quanto è stato. Quel che è scritto resta, l’altro si dissolve e vola. Possiamo ancora leggere righe vergate molti decenni fa, ci è invece precluso di ascoltare le parole dei protagonisti. Tuttavia non si scriveva per questo. Lo scopo, più o meno confessato, era di comprendere un poco se stessi mentre si avvertiva di essere inseriti dentro lo srotolarsi del tempo. Cogliersi attraverso quanto abbiamo compiuto o in virtù di quel che ci è capitato significa, in realtà, avvertire che il tempo costituisce  il nostro stesso fluire. Quando si contano i giorni che ci separano da quel che è stato  o da quanto sarà non si fanno pure enumerazioni: ci occupiamo, piuttosto, della nostra memoria, dei nostri timori, delle nostre speranze. Il calendario è metro di misura, non l’oggetto contato.

Una mattina del maggio 1945 Liana Millu, uscita da pochi giorni dal campo di concentramento di Malchow nel Meclemburgo (ma prima era stata nell’abisso di Auschwitz-Birkenau), trovò in una fattoria abbandonata un Tagebuch (diario) intonso e, accanto, un mozzicone di matita. Da lì fino al primo di settembre, il giorno in cui avrebbe varcato il confine italiano, riempì, mentre viveva tra campi di raccolta e ospedali, tutte la pagine a sua disposizione. Ricordando quella esperienza suprema, lei stessa dichiarò più volte di essere entrata nel Lager atea e di esserne uscita agnostica, ossia di trovarsi ormai in una posizione incapace di rispondere con un sì o con un no al mistero dell’esistenza. Nelle pagine del Tagebuch la sua non identificazione con la tradizione religiosa degli avi, consentiva a lei, ebrea, di scandire il tempo riferendosi alla feste cristiane: «Tra venti settimane è Natale. Mi viene in mente tutta la contabilità del tempo che tenevo nel Lager, i 180 giorni a Natale, i 70 dalla battaglia d’inverno, le dieci settimane a Pasqua. Se al mondo non ci fosse altro di buono, c’è questo scorrere del tempo. L’unica cosa sicura del mondo».[1]  Ci si avverte immersi nella temporalità, ma non ce ne si sente travolti. In effetti, solo se si sosta sul proprio presente si può cogliere il tempo non come un mostro che ci divora, ma come una realtà buona senza la quale non saremmo.

Accettare se stessi e accogliere la temporalità sono due atti tra loro intimamente legati. La dilagante incapacità odierna di rappacificarsi con il proprio invecchiare è segno incontrovertibile di una società alienata e alienante. Oggi tutto sembra rivolto a esaltare il presente. L’egemonia del carpe diem pare non avere smentite. Si tratta di un’illusione. L’atteggiamento è infatti espressione di una visione della temporalità astratta e puntiforme. Per essa occorre vivere nell’ora, tentando invano di isolarla dal prima e dal dopo. Ci si comporta così, perché il trascorrere del tempo è giudicato una macchina triturante. Tutti sanno in cuor loro quanto sia vano cercare di riempire quel che non si può trattenere: non è possibile raccogliere l’acqua versandola in un setaccio. Si può vivere in pienezza il presente solo se lo si accetta come un passaggio. Di contro, la sfida disperata del carpe diem sta nello sforzo di vivere il presente come un tutto perennemente insidiato dalla precarietà. La contraddizione insita nella definizione indica la consapevole sfiducia nella vita propria di chi ha imboccato questa strada: il tutto è ricondotto a un granello di sabbia. Per vivere il senso del presente occorre prestare attenzione a quanto è appena stato, evitando di cancellarlo a colpi di spugna. Per farlo non è necessario scrivere diari; è obbligo invece vivere il distendersi del tempo in modo meno discontinuo ed atomico e prendere le distanze dalla propensione di assumere la temporalità come un puro succedersi di momenti reciprocamente immemori. È necessario perciò far propria la convinzione che lo scorrere del tempo, oltre a essere certo e ineluttabile, è anche una realtà  buona.

Chiedere al Signore di insegnarci a contare i nostri giorni per avere un cuore saggio (Sal 90,12) equivale a domandargli di essere in grado di compiere una imitatio Dei.  Il Dio creatore iniziò a valutare buono quanto da lui compiuto quando i giorni cominciarono a succedersi l’uno all’altro: «Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno» (Gen 1,13). Così risuona negli orecchi la traduzione a noi  familiare; ma nulla, in base all’originale, impedisce di tradurre: «Dio vide che è cosa buona». Quando i giorni cominciarono a fluire uno dopo l’altro, Dio sigillò nel suo presente la bontà di quanto aveva compiuto. Se così si potesse dire, anche lui, a fine giornata, scrisse una specie di diario. La primigenia bontà dell’essere creato fa tutt’uno con il dire di sì allo scorrere del tempo. Se si è prigionieri di un parametro quantitativo il presente è nulla: quando lo si misura è già passato. Nessuna realtà ci fornisce reti capaci di trattenerlo. È impossibile dire «ora» in modo davvero sincronico. Quando lo pronunciamo, l’«adesso» è già trascorso. Afferrato in maniera qualitativa, il presente è, invece, l’unico punto in cui ci é consentito accogliere il  succedersi dei giorni. Il presente è il luogo da cui si può giudicare buona un’esistenza temporale. Agostino definì il tempo un distendersi dell’animo dispiegatosi attraverso la memoria, l’attenzione e l’attesa; senza il termine centrale gli altri due non sarebbero: memoria e attesa sono tali solo se consapevoli. Il presente è la coscienza dello scorrere del tempo, il suo senso più profondo sta nel dichiarare buono questo fluire.

Piero Stefani

 

 




[1]  L. Millu, Tagebuch. Il diario del ritorno dal Lager,  Giuntina, Firenze 2006, p. 79

229 – L’avvicinarsi del Natale e il senso del presente (14.12.08)ultima modifica: 2008-12-13T05:55:00+01:00da piero-stefani
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