Le badanti (05.04.03)

Il taccuino di Piero Stefani  

 

In questo periodo i nostri occhi e il nostro animo sono pieni di quanto si chiama la  grande storia.  La guerra  e i  mutamenti da essa provocati sono, da sempre, l’asse principale delle narrazioni storiche. Il libri ne parleranno; se poco o molto dipenderà dalla lunghezza e dalla portata di quest’evento. Quanto ai manuali di storia non diranno se le eventuali ripercussioni di questi avvenimenti sulla nostra vita quotidiana saranno di breve o lunga durata. Non è sempre facile scorgere come, in modo diretto o indiretto, gli infiniti rivoli del vissuto personale si intreccino con eventi storici che non ci coinvolgono in prima persona. La vita di tutti i giorni è una dimensione che si dà   quasi di per sé, slegandoli da quei remoti presupposti.

Tutti hanno compreso che il crollo del muro di Berlino nel 1989 ha segnato una svolta storica. La radicale modifica di assetti dell’ex impero sovietico è stata percepita in presa diretta come la fine di un’epoca. Le valutazioni e le discussioni si sono incentrate sui grandi orizzonti e sui grandi valori o disvalori delle varie forme di civiltà. Nella vita quotidiana le conseguenze sono diverse e ben pochi quando le vedono le giudicano una ricaduta di quella serie di eventi epocali. Passando in determinate ore della giornata per le strade attigue alle case di riposo, è dato di vedere gruppi di donne russe, bielorusse o polacche che entrano o escono da quegli edifici. Meno facile  da individuare,  ma pur reale, è la presenza di quella stessa tipologia di  persone all’interno degli appartamenti che si affacciano sulle nostre vie.

Non sappiamo chi abbia coniato il neologismo “badanti” per indicare questo genere di attività. L’infelice espressione ha avuto fortuna. Per certi versi è giusto che sia così. Occorreva una sgradevole parola nuova per etichettare un aspetto recente della nostra società e della nostra mentalità. In Italia la modernizzazione ha dapprima reso evento raro e minoritario la convivenza plurigenerazionale entro una stessa casa. Poi ha creato luoghi in cui un numero crescente di persone anziane convivessero assieme;  perciò per  incontrarle  bisogna comportarsi nel modo richiesto per chi vive in condizioni separate (come nel caso dell’ospedale o del carcere): “andarle a trovare”. Quelle istituzioni non sono però in grado di “badare” ai loro ospiti in tutte le ore del giorno e perciò in certi momenti, per esempio quando si deve dar loro da mangiare,  occorre la presenza di una “manodopera aggiuntiva”. La cerchia parentale o degli amici il più delle volte non basta a soddisfare questa esigenza; dunque bisogna rivolgersi al “mercato del lavoro”. Su questo fronte la società italiana non è autosufficiente: per soddisfare la necessità di custodire nelle case private o pubbliche  i ”nostri vecchi” si fa ricorso  alla forza lavoro straniera. Dopo il 1989 uno dei bacini  a cui  rivolgersi per soddisfare questa domanda è offerto dai paesi  fino ad allora dominati dal  “socialismo reale”.

La chiave moralistica dice poco in questo come in quasi tutti gli altri casi. Si è di fronte non tanto a mancanza di buona volontà quanto a modelli di civiltà potenti che il singolo individuo può, in parte, contrastare solo a prezzo di una diuturna lotta che lo sfianca o lo isola. Sono scelte possibili, ma si collocano per definizione nell’ambito delle eccezioni. Resta l’ironia storica di constatare come sia stato il fallimento dell’utopia di porre al centro della convivenza umana la socialità, la solidarietà, la comunitarietà (in altri momenti storici masse innumerevoli hanno creduto fino in fondo al socialismo e al comunismo) a consentirci di tamponare la nostra ormai costitutiva mancanza di solidarietà intergenerazionale. Se poi si allarga lo sguardo, si vede che questo fenomeno non coinvolge  solo l’Est europeo: “badanti” e “baby sitter” arrivano anche da altri paesi e continenti (per un giovane italiano diverrà sempre più attraente fare il “dog sitter” piuttosto  che custodire bambini; e anche questo fenomeno va giudicato in chiave di modelli culturali e non già alla luce del moralismo). Nella vita quotidiana l’orizzonte intergenerazionale si incontra in tal caso con quello incentrato sull’interculturalità. Due sfide che ci trovano per lo più impreparati.

Le badanti (05.04.03)ultima modifica: 2003-12-25T12:15:00+01:00da piero-stefani
Reposta per primo quest’articolo