La lode di Allah tra le nostre case (24.05.03)

Il taccuino di Piero Stefani 

 

 A Ferrara il caso più significativo di riutilizzo religioso di uno spazio originariamente  destinato a tutt’altro scopo è costituito dalle vicende legate al centro culturale islamico. Confinato per lunghi anni in un umido e fatiscente pianoterra di via Scandiana, dopo lo sfratto ricevuto nel settembre del  2001 e una serie di contatti e tentativi non giunti a buon fine, da qualche mese il centro ha trovato ospitalità in un basso prefabbricato presso l’ex sede Agea di Foro Boario. Quando furono eretti gli archi che chiudono quasi a semicerchio la piazzetta  nessuno poteva immaginare  che  quel mercato di bestiame sarebbe giunto ad accogliere, assieme ad altre associazioni, anche una sala di preghiera islamica.

Lo spazio a disposizione, molto più ampio del precedente, ha consentito di organizzare  una vera e propria piccola moschea. All’ingresso vi sono bagni per la purificazione distinti tra uomini e donne, a queste ultime è infatti riservato un piccolo spazio autonomo diviso con una grata dalla sala principale; la grande aula (in arabo ivan o liwan) è interamente coperta con  tappeti e nella parete di fondo rivolta nella direzione della Mecca (in pratica il sud) si trovano  il mihrab – la nicchia che indica appunto quell’orientamento – e il minbar il posto da cui si pronuncia la  khutba,  la pia allocuzione del venerdì (che peraltro a Ferrara viene  pronunciata, in arabo, stando semplicemente in piedi di fronte al minbar). Alle pareti ci sono scaffali con libri. L’occhio poi coglie la presenza di altri grandi tappeti arrotolati. La spiegazione della loro presenza è presto detta. La sala è dotata di una grande porta con maniglioni antipanico, tipica delle uscite di sicurezza; anche questo particolare profano può trasformarsi in altro scopo: aprendola il cortile entra il diretta comunicazione con l’aula. I tappeti servono a far integrare  il cortile esterno  con la sala, ampliandone in tal modo grandemente la capienza. Questo espediente non è adottato nei normali venerdì: lo sarà in alcune feste,  quando i dirigenti del centro islamico prevedono una presenza di tre-quattrocento persone.

I dati della cronaca internazionale ci additano spesso le assemblee del venerdì come momenti di aggregazione non di rado legati alla protesta politica. Questo quadro non corrisponde al normale raduno musulmano, contraddistinto da una fortissima centralità della preghiera e da un indiscusso primato della parola. Quanto distingue la preghiera del mezzogiorno del venerdì da quelle quotidiane  è soprattutto la khutba. Sui manuali si legge  che la pia allocuzione è divisa in due parti; la prima formata da espressioni di lode ad Allah, al profeta ed eventualmente al  sovrano regnante (la sua omissione in altri tempi poteva significare l’inizio di una rivolta); la seconda, di soggetto più libero, è una “predica” su argomenti morali o edificanti.

Quanto è agevole cogliere in questa definizione è che, a differenza di quel che avviene nell’ebraismo e nel cristianesimo, la parola della predicazione non segue la falsariga di un ciclo di letture liturgiche. Fin dall’inizio il cuore della khutba sta nell’esortazione, non nell’interpretazione. Di solito anche nel modesto profilo medio della predica cattolica prevale la componente esortativa, tuttavia l’aggancio alle letture settimanali  resta pur sempre un riferimento portante. Non così nell’islam, dove il motore interno della predicazione sembra costituito da un incrocio tra immutabili lodi ad Allah e la pressione di avvenimenti storici per loro natura variabili  e non di rado drammatici. Forse anche per questo tradizionalmente – ma certo non nelle  ospitali assemblee del venerdì di Foro Boario – chi pronuncia la khutba tiene in mano una spada, un arco o un bastone.

L’egemonia di una cultura che ha consegnato lo studio delle religioni agli ambiti del privato, dello specialismo o dell’apologetica ha sottratto a molte generazioni di italiani  chiavi importanti per comprendere il mondo. La cronaca però ci  costringe a confrontarci con termini e concetti non consueti. Tra questi la khutba. Fino a pochi anni fa studiarla poteva essere, al più, una via per vincere una cattedra universitaria in islamistica; oggi è uno dei modi per comprendere il mondo che ci circonda.

 

 

La lode di Allah tra le nostre case (24.05.03)ultima modifica: 2003-12-25T11:45:00+01:00da piero-stefani
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