Dal profano al sacro (17.05.03)

Il taccuino di Piero Stefani 

 

A Ferrara gli esempi di riutilizzo per altri scopi di luoghi religiosi cattolici sono sotto gli occhi di tutti. A ciascuno vengono in mente ex-chiese adibite ad altro: museo (S. Romano), magazzino o deposito (S. Maritino, Ss. Simone e Giuda, S. Monica), negozio (S. Matteo), cinema (S. Giacomo) persino a luci rosse  (S. Pietro),  bottega artigianale (fino a non molti anni fa “Sant’Agnesina”) o semplicemente chiuse (cfr. ad S. Giovanni o S. Maria della Consolazione) e così via. Questo fenomeno è facilmente spiegabile: la presenza sovrabbondante di chiese in una città, fin dalla ormai remota scomparsa del dominio pontificio, vive un processo sempre più accelerato di secolarizzazione. I simboli del sacro nel tessuto del centro storico sono fin troppi per un ambiente in cui i rappresentanti del clero o degli ordini religiosi cattolici diminuiscono di numero e in cui la richiesta di spazi sacri da parte della popolazione è già ampiamente soddisfatta.

Questo panorama sarebbe il solo di cui occuparsi se Ferrara, dal punto di vista religioso, fosse, come in passato, caratterizzata esclusivamente dalla componente cattolica (ed ebraica). Le cose invece non stanno così; infatti già la semplice presenza di confessioni cristiane diverse dalla cattolica introduce una dinamica inversa da quella precedente: luoghi destinati ad altri usi divengono ora  destinati ad assemblee di preghiera. Questa osservazione non vale per la chiesa battista-valdo-metodista che si trova all’angolo tra via Carlo Mayr e via Cammello: essa è sorta come tale ed è riconoscibile dall’esterno. Tuttavia fa parte integrale di quella presenza pure la sala attigua inserita entro un edificio destinato anche ad abitazione comune. Quella sala  è una spia del fatto che per il mondo protestante la chiesa, intesa come spazio semplicemente liturgico non è sufficiente, altrettanto importante è l’incontro settimanale per lo studio biblico.

Basta però uscire dal “protestantesimo storico” per accorgersi che gli spazi destinati all’assemblea dei fedeli sono tutti ricavati da luoghi destinati originariamente ad altro scopo. La ragione di tutto ciò rischia di essere addirittura banale: si è di fronte a realtà troppo piccole e recenti che non possono permettersi la costruzione di un luogo proprio. Questa motivazione indubbiamente c’è; tuttavia essa presuppone la compatibilità cristiana tra culto e spazi profani: un’assemblea di preghiera non necessita di un luogo sacro. Affermazione tutt’altro che scontata e che ha alle spalle una lunga storia. A tal proposito, per quanto riguarda il retroterra biblico, lo sguardo deve rivolgersi alla sinagoga – luogo non strettamente culturale e “moltiplicabile a piacere” – e non al tempio di Gerusalemme, luogo unico e sacrificale. È il primato della parola  ad aver consentito di lodare Dio ovunque ci si trovi.

Ecco dunque che in via Carlo Mayr, dentro un edificio che contiene abitazioni, negozi e garage, si trova ormai da molti anni la Chiesa di Cristo mentre al “grattacielo” è ubicata la sede di Ferrara delle Chiesa Evangelica ADI (Assemblea di Dio di orientamento pentecostale e frequentata soprattutto da fedeli di origine cinese). Discorso analogo può valere per le Sale del Regno dei testimoni di Geova e, in modo piuttosto paradossale, fino a qualche tempo fa, anche per  i seguaci tradizionalisti di mons. Lefebvre: questi eredi degli spazi sacri si radunavano infatti in una ex osteria.

Questa tendenza ha una variante significativa nel caso in cui lo spazio di riunione non è ricavato da un edificio privato proprio o altrui, ma è fornito da enti pubblici. Se si guardano, ad esempio, gli avvisi della Chiesa cristiana evangelica (di orientamento evangelicale ed espressione della Chiesa dei Fratelli) leggiamo: culto, domenica ore 10.30 presso Circoscrizione est, via Naviglio 11, studio biblico: mercoledì ore 19,30 (nelle case). Scomparso il monopolio cattolico e i suoi spazi autonomi gli enti pubblici sono chiamati in prima persona a fornire spazi che rendono possibile il soddisfacimento dei propri “bisogni religiosi” da  parte dei cittadini. Si tratta di un Fenomeno che diviene ancor più eloquente quando ci si trova davanti a religioni non cristiane.

Dal profano al sacro (17.05.03)ultima modifica: 2003-12-25T11:50:00+01:00da piero-stefani
Reposta per primo quest’articolo