La preghiera per la pace (21.12.02)

Il Taccuino di Piero Stefani

 

Riprendiamo da Abramo di fronte a Sodoma (Gen 18,16-33). Il patriarca vuole salvare dalla distruzione la città corrotta il cui peccato è così grande da giungere al cielo. Abramo supplica Dio di astenersi dal distruggerla per amore dei giusti che vi risiedono. Inizia una lunga trafila in cui l’insistenza di Abramo fa, a poco a poco, scendere il numero delle persone rette necessarie per evitare la punizione da cinquanta a dieci. La passione che brucia nel cuore del patriarca non è però solo diretta agli uomini, essa è rivolta anche a Dio.

In un momento della sua protesta Giobbe lancia questo grido: «è una sola cosa, perciò dico: Egli distrugge integro e empio» (Gb 9,22). Tra Giobbe e Abramo l’antitesi è radicale: il primo, prendendo le mosse dal corso del mondo, dichiara che persino Dio fa di ogni erba un fascio; di contro il secondo, dialogando e lottando con il suo Signore, si rifiuta di dar credito a questa indiscriminata uguaglianza di trattamento: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? […] Sarebbe una profanazione (chalilà) per te far morire il giusto con l’empio; sarebbe una profanazione per te! Il giudice di tutta la terra non farà forse giustizia?» (Gen 18,23-25). Rivolgere questa espressione al Signore indica l’arditezza raggiunta da Abramo nella sua contesa. Questo osare deriva dal fatto che egli – al contrario di Giobbe – ha a cuore non la propria causa, bensì quella altrui, degli abitanti di Sodoma e, ancor più, quella di Dio stesso il quale, se così si potesse dire, deve  dar prova di essere all’altezza della sua giustizia.

Per comprendere la posta in gioco non bisogna limitarsi a dichiarare l’iniquità che l’uomo giusto muoia come il peccatore. Questa istanza rappresenta solo il livello superficiale. L’aspetto più profondo lo si coglie quando ci si accorge della presenza di un’evidente asimmetria. Rifiutando la prospettiva secondo cui l’integro può morire con il malvagio, si afferma infatti che è indegno di Dio che il pio muoia assieme al peccatore, ma è degno del Signore che l’empio viva a causa del giusto. È inaccettabile che pochi giusti siano travolti  assieme alla moltitudine degli empi, ma è ben giusto che la presenza di un manipolo di persone integre salvi un’intera città colma di peccatori. Eppure c’è il limite di dieci. Né ci si deve dimenticare che l’esito della contesa  non è positivo: Sodoma viene distrutta.

Un commento ebraico rimprovera Abramo di essersi fermato, di non  aver insistito di più scendendo fino al numero di persone che formavano la famiglia di Lot.  Non è opportuno condividere questo pur suggestivo rimprovero. Il numero dieci sta drammaticamente a significare che neppure la misericordia di Dio può sostituire del tutto quanto è di spettanza umana. Anche questa formulazione è forse un modo per alludere al silenzio di Dio. Con tutto ciò la preghiera di Abramo è grande anche se non può essere esaudita. Essa  richiama le nostre preghiere perché la distruzione non avvenga. Anche le invocazioni per la pace il più delle volte non trovano riscontro nella storia. Ciò avviene perché nel mondo il numero di coloro che sono veri operatori di pace (realtà ben diversa da essere semplicemente pacifisti) è troppo basso. La contesa di Abramo attesta la serietà della prospettiva: non si può scendere al di sotto di dieci giusti.  Non per queste quelle preghiere non vanno fatte; anzi esse vanno compiute con lo spirito di Abramo per amore degli uomini e di Dio.

Sulla grotta di Betlemme risuona il detto «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama (eudokias) » (Lc 2,14). La traduzione italiana di uso liturgico, ha fatto poco a poco uscire dall’orecchio gli «hominibus bonae voluntatis» latino. Il testo certo qui si riferisce  agli esseri umani su cui  Dio riversa il proprio compiacimento e non a coloro che  si sforzano semplicemente di fare il bene. Eppure  non  va  scordato che quaranta anni fa papa Giovanni indirizzò la sua enciclica Pacem in terris non solo ai fedeli ma appunto anche  «a tutti gli uomini di buona volontà», cioè a tutti coloro che si impegnano a essere «operatori di pace». Se il loro numero è troppo esiguo neppure Dio può evitare che avvenga la distruzione delle tante Sodome oggi sparse sul nostro pianeta.

La preghiera per la pace (21.12.02)ultima modifica: 2002-12-28T05:50:00+01:00da piero-stefani
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