93 – Gennaio (01.01.06)

Il pensiero della settimana n. 93.

 

Non è raro che nella letteratura siano esposte più efficacemente verità elaborate, con più fatica, nella saggistica. Questo vale anche per alcune pagine di Chateaubriand che esprimono bene la radice cristiana del «disincanto del mondo». In I martiri (1809) lo scrittore francese narra di una fanciulla pagana, Cimodocea, che, smarritasi in una foresta, incontra il cristiano Eudoro. Invasa da timore cade in ginocchio credendo di avere di fronte a sé una divinità silvestre. L’uomo le dice di alzarsi perché ci si deve prostrare solo davanti a Dio. Dopo un attimo di silenzio, Cimodocea dice: «Se tu non sei un dio nascosto sotto sembianze mortali, allora sei certamente uno straniero che i satiri hanno messo fuori strada come me nei boschi». Ipotizza allora che sia un guerriero seguace di Marte o un discendente di antichi re. Eudoro le rispose: «Vi è un solo Dio, e io sono soltanto un uomo pieno di inquietudine e di debolezza». La donna per rincuorarsi cercò allora di dire qualcosa sugli incantesimi nella Notte sacra, sposa di Erebo e madre delle Esperidi e dell’Amore. L’uomo l’interruppe dicendo di non veder altro che degli astri che narrano la gloria dell’Altissimo (cfr. Sal 19,1). Queste parole fecero aumentare ancor di più la confusione di Cimodocea. Essa divenne somma quando vide Eudoro dapprima chinarsi di fronte a uno schiavo derelitto che giaceva ai bordi della strada e poi chiamarlo fratello e dargli il proprio mantello per coprirsi. Allora esclamò: «“Certo tu hai creduto che questo schiavo fosse qualcuno degli dèi, nascosto sotto le sembianze di un mendicante per mettere alla prova il cuore dei mortali”. “No – rispose Eudoro – ho creduto che fosse un uomo».

Da quando Dio si è fatto uomo gli dèi si sono allontanati dal mondo. Non a caso i cristiani venivano chiamati «atei» dai seguaci degli antichi culti. Il mare, la terra, le fonti e i boschi non pullulano più di divinità. Il Verbo incarnato non è una delle inesauribili metamorfosi del divino; al contrario egli è l’unica, irripetibile icona del Padre invisibile (cfr. Gv 14,9-10). Nelle definizioni del concilio di Calcedonia il primo termine che qualifica le due immutabili, indivise, inseparabili nature di Gesù Cristo è «senza confusione». Per la mentalità classica le metamorfosi del divino sono una cifra della sua onnipresenza. Di contro la mancanza di «confusione» indica anche in Gesù la piena permanenza della natura umana. Colta in questa luce l’incarnazione è il contrario delle metamorfosi.

Il processo di allontanamento della presenza degli dèi dal mondo è eredità biblica che precede il cristianesimo. Sarebbe bene ricordarlo anche in questo primo mese dell’anno che (al pari del colle del Gianicolo) deriva il proprio nome da Giano. Questa antica divinità di origine pre-romana  deriva il proprio nome da ianua, porta. Si tratta dell’ingresso di casa, in seguito esteso a quello della città e poi allargato ulteriormente fino a far parte del culto dello stato come divinità protettrice di tutti gli inizi. Il suo tratto più caratteristico,  l’essere bifronte, è spiegato in vari modi. Fra gli altri vi è quello di ricondurre questa duplicità al fatto che Giano è protettore dell’entrata e dell’uscita.  Si tratta prima di tutto di una dimensione spaziale e non temporale. Non a caso sulle antiche monete romane le due facce sono coetanee. Il discorso si sarebbe mutato quando ianuarius sarebbe diventato il primo mese dell’anno; allora (come nelle formelle dei mesi del duomo di Ferrara) un volto sarebbe stato vecchio e l’altro giovane.

Quando nella Bibbia giunge a piena maturità la consapevolezza che c’è un solo Dio cade l’esistenza di competenze specifiche di singole divinità. Con ciò l’idea di protezione non cessa; essa però trova corrispondenza nell’impegno umano nel ricordarsi di Dio custodendo e mettendo in pratica i suoi comandi. Il Dio unico esalta la responsabilità di quanto la creatura è chiamata a compiere in prima persona. Il proprio corpo, la famiglia, la casa e la strada divengono ormai occasioni per amare Dio praticando i suoi comandamenti: «Ascolta, Israele: il Signore è nostro Dio, il Signore è uno. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. Questi precetti che oggi ti do, ti siano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte» (Dt 6,4-9).

La Bibbia non attua alcuna fondazione laica della responsabilità dell’uomo nei confronti del suo prossimo. L’altro non è visto in se stesso  come essere pari a noi e quindi dotato, per questa sola ragione, di uguali diritti e doveri. Tuttavia la Scrittura ha costituito uno dei passaggi che hanno infine condotto  a cogliere l’esistenza di diritti e doveri paritetici. Di fronte allo schiavo, Eudoro affermò «ho creduto che fosse un uomo» e si comportò di conseguenza. Diritti e doveri sono spesso affermati in linea di principio, ma con enorme e inquietante frequenza disattesi nell’ordine dei fatti. Tuttavia nella povera Italia di oggi tener alta almeno l’indicazione ideale è già in se stesso impegno qualificante. Su questo fronte il 2006 sarà un anno decisivo. L’augurio che ci scambiano è di essere all’altezza di quanto i tempi ci chiedono.

Piero Stefani

93 – Gennaio (01.01.06)ultima modifica: 2006-01-01T16:55:00+01:00da piero-stefani
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