Dove due o tre (XXIII DOM. Tempo Ordinario)

XXIII domenica del tempo ordinario
Ez 33,7-9; Sal 95(94); Rm 13,8-10; Mt 18,15-20

 Dove due o tre

    Il vangelo di oggi deriva dal quarto dei cinque discorsi in cui Matteo raggruppa gli insegnamenti di Gesù. Riguarda la vita della comunità (ekklesia) dei credenti. La prima parola che risuona oggi non a caso è «fratello». La si dice anche se non si tratta di una comunità di perfetti. Pure all’interno della Chiesa crescono grano e zizzania; a differenza di quanto avviene nella parabola (Mt 13, 24-30), la natura dei semi non è però fissa. Ognuno di noi a volte è buon frumento, a volte erba infestante. Vi è di più, quando si è grano occorre preoccuparsi di chi, in quel momento, agisce come zizzania. Non è facile comportarsi in questo modo né nella vita di tutti i giorni, né nella comunità ecclesiale. Per questo motivo tutto il capitolo oscilla tra il polo della dolcezza e del perdono e quello della severità e del giudizio. La scelta di alternare il bastone e la carota, per quanto mai pienamente soddisfacente, costituisce un modo di comportarsi tipico di chi è chiamato ad educare e correggere. Ciò vale anche all’interno della comunità ecclesiale. Tuttavia rispetto all’odierno vangelo occorre tener ben saldo che il suo punto di partenza è costituito dalla dimensione paritetica del fratello e non già da quella asimmetrica del rapporto genitori-figli, maestro-discepoli.

       All’inizio del brano (18,15) c’è una variante significativa. Molti autorevoli codici affermano semplicemente così: «se tuo fratello pecca», senza aggiungere «contro di te». È fratello ma pecca. Non pecca però contro di te. Se peccasse davvero semplicemente contro di te la risposta (lo si vedrà domenica prossima) sarebbe quella del perdono. Ma se pecca non contro di te? Nei versi precedenti al passo dedicato a quello che si usa chiamare «correzione fraterna», vi sono parole molto dure riservate allo scandalo (18,5-10). Ci sono forme di peccato rispetto alle quali la riconciliazione è possibile solo con il cambiamento di vita di chi scandalizza. Non intervenire sarebbe questione non di comprensione ma di connivenza. In alcuni casi non c’è altra scelta che quella dolorosa dell’amputazione: «Se la tua mano e il tuo piede ti è motivo di scandalo taglialo e gettalo via da te…» (Mt 18,8). Una prassi così drastica va applicata anche alla comunità? Vale anche per le membra di Cristo?

  Tuo fratello pecca «contro di te». Si inizia tentando una riconciliazione a tu per tu. Può fallire. In questo caso, secondo un modello biblico (cf. Dt 19,15), si chiamano in causa due o tre testimoni. Vi è però una differenza rispetto alla prassi antica. Ora essi sono convocati per tentare una riconciliazione e non già per accertare una colpa, come avveniva nel Deuteronomio. Occorre non già evidenziare la colpa, bensì cercare di dar corso a una pacificazione. Purtroppo, è un dato di realtà, anche questo tentativo può fallire. Da ultimo ci si rivolge perciò alla comunità; neppure in questo caso l’esito è garantito. In luogo della riconciliazione irrompe l’estraneità. Il fratello si trasforma in un «altro». In questo caso il fallimento lo si misura su entrambi i fronti.

   Subito dopo la parola che dice l’esclusione, Matteo inserisce il passo dedicato alla forza della preghiera e alla certezza che il Padre celeste accoglierà la richiesta. Il vangelo afferma «qualunque cosa chiederete», senza aggiungere alcuna specificazione. È forse improprio pensare che una delle intenzioni di quella preghiera sia di chiedere lo scioglimento del nodo (Mt 18,18) che ha consegnato il fratello all’estraneità? Possono i «due o tre riuniti nel mio nome» essere luogo di presenza di Gesù (Mt 18, 20) senza preoccuparsi di colui che si è allontanato? Nel «Discorso della montagna» Gesù aveva detto: «Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono» (Mt 5,23).  Ciò può forse non valere per chi si riunisce nel nome di Gesù? Se non ci fosse questa preoccupazione si corre il rischio, realissimo, che la comunità ecclesiale, per quanto numerosa, si trasformi in una setta.

Dove due o tre (XXIII DOM. Tempo Ordinario)ultima modifica: 2017-09-09T08:00:20+02:00da piero-stefani
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