609 – Osanna nel più alto dei cieli (09.04.2017)

Il pensiero della settimana, n. 609

Osanna nel più alto dei cieli

   Se si consulta un vocabolario alla voce «osannare» si troveranno definizioni come la seguente:  la prima (francamente un po’ tautologica) si limita a dire «alzare grida di osanna», tuttavia in seguito il discorso opportunamente si allarga a un senso più esteso secondo il quale il verbo significa gridare evviva, inneggiare, non di rado come manifestazione di esaltata venerazione; è il caso di piazze osannanti a leader politici o anche, perché no, religiosi. Questa serie di significati si è consolidata al punto da ricadere sulla comprensione del significato originario e proprio di «osanna» che, in realtà, si muove in ben altra direzione. Comprenderlo è richiesto, oltre che in riferimento alla Domenica delle Palme, anche in riferimento a tutte le messe visto che nella seconda parte del Sanctus si proclama: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell’alto dei cieli».

   «La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli”» (Mt 21,9; cf. Sal 118,25-26). Nel sottofondo del racconto di Matteo ci sono riferimenti liturgici alla festa delle Capanne nel cui ambito c’è spazio sia per i rami di palma sia per gli osanna. Un testo giudaico tardo (Midrash ai Salmi  su Sal 118,25-26) riporta un suggestivo dialogo che si sarebbe svolto in quella festa tra gli abitanti di Gerusalemme e i pellegrini che salivano alla città santa: «Le genti di Gerusalemme dicevano: “Orsù, Signore, dona la salvezza (hosha‛na’)” e i pellegrini rispondevano: “Orsù, Signore, dona la vittoria”. Gli abitanti di Gerusalemme dicevano ancora: “Benedetto colui che viene nel suo nome” e i pellegrini rispondevano: “Vi benediciamo nella casa del Signore”».

   «Osanna (hosha‛na’)» è un grido che invoca salvezza. È una richiesta e non già un’ esultanza per una vittoria già conseguita. È una richiesta che si trasforma in celebrazione di colui che può salvare. Deriva dalla radice verbale ysh‛ «salvare, liberare, soccorrere». Osanna è un grido di aiuto finalizzato alla salvezza apportata dal messia. Il riferimento diviene esplicito in Matteo che aggiunge nei due versi del Salmo da lui citato (118, 25-26) il riferimento al «figlio di Davide». L’antico grido di osanna rivolto a un re di carne e sangue (cf. 2Sam 14,4; 2Re 6,26) si è trasformato ora in invocazione messianica. Tutto ciò non è però sufficiente se non si ricorda il fatto fondamentale che il nome stesso di Gesù – Yeshua‛ (contrazione di Yehoshua‛) – significa proprio «il Signore salva». Matteo l’aveva richiamato fin dall’inizio del proprio Vangelo, rivolgendosi a Giuseppe l’angelo gli disse in sogno: «lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). Se così si potesse dire, con l’ingresso in Gerusalemme Gesù diviene veramente Gesù.

   Gesù è il re che arreca salvezza. La citazione del profeta Zaccaria va in questa direzione, ma lo fa attraverso una nota ambivalente. Matteo afferma: «Ecco, a te viene il tuo re, / mite, seduto su un’asina» (Mt 21,5). Zaccaria aggiunge «giusto e vittorioso» (Mt 9,9). In realtà la parola resa con vittorioso nell’ebraico masoretico è noshia‛ che alla lettera significa «salvato». In questo ingresso a dorso d’asino abbiamo in germe il passaggio dalla prima alla seconda parte della liturgia di oggi: all’ingresso messianico a Gerusalemme segue la lettura del Passio. L’umiltà in Gesù giunge fine alla morte che le prime generazioni cristiane pensarono anche come una salvezza compiuta attraverso il grido di «osanna» formulato da Gesù stesso: «Nei giorni della sua vita terrena  egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito» (Eb 5,7).

Piero Stefani

609 – Osanna nel più alto dei cieli (09.04.2017)ultima modifica: 2017-04-08T08:00:13+02:00da piero-stefani
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