598 – Il sigillo di Lutero (22.01.2017)

Il pensiero della settimana n. 598

Il sigillo di Lutero

       Amiamo chiamare i cicli pittorici posti sulle pareti delle chiese Biblia pauperum, era la Scrittura adatta agli illetterati; tuttavia le nostre capacità visive e immaginative si sono tanto indebolite che senza l’aiuto di parole di spiegazione  comprendiamo ben poco di quelle figure. Tutto ciò ha una sua logica, la nostra è a  tal punto la civiltà dell’immagine che l’immagine ormai per lo più rimanda  a se stessa. Invece, quando vuole comunicare un messaggio, la figura deve alludere ad altro da sé. Quello che vale per gli affreschi diviene ancor più vero per rappresentazioni altamente simboliche come sono i sigilli. All’inizio dell’anno che segna i cinquecento anni dall’inizio (anch’esso invero simbolico) della Riforma, occupiamoci di quello di Lutero

  Il sigillo  di Martin Lutero  è formato da  una croce nera infissa in un cuore rosso nel centro di una rosa bianca su sfondo azzurro, circondato a sua volta da un anello aureo; ci sono anche due lettere una M e una L, queste ultime facili da decodificare se si tiene conto del nome del suo ideatore. Il sigillo ha anche una scritta che in italiano suona così: «il cuore di Cristo si dischiude nelle rose, anche restando sotto la croce». In una lettera del 1530 indirizzata a Lazarus Spengler, il Riformatore stesso dà un’ampia spiegazione del significato da lui attribuito al sigillo, ormai inteso come simbolo della propria teologia. Anche allora, evidentemente, per comprendere si cominciava già ad aver bisogno di parole.

Poiché voi desiderate sapere se il mio sigillo sia interpretabile, voglio mostrarvi il mio pensiero essenziale sull’affinità da me ritrovata nel mio sigillo, che mi sembra un segno della mia teologia. Deve innanzitutto esservi una croce: nera nel cuore, che mantiene il suo colore naturale, perché mi ricordi che la fede nel crocifisso ci rende felici. Se così infatti si crede con il cuore, si diventa giusti. Se poi vi è una croce nera, essa mortifica e deve far anche soffrire, ma lascia ancora il cuore del suo colore, non distrugge la natura, cioè non uccide ma mantiene la vita:  Justus enim fide vivet, sed fide crucifixi: [Poiché il giusto vivrà per fede, ma per la fede nel Crocifisso]. Questo cuore però deve restare in mezzo a una rosa bianca, per mostrare che la fede dà gioia, consolazione e pace, posta com’è in una rosa bianca e gioconda, e non rossa: il coloro bianco è infatti il colore degli spiriti e di tutti gli angeli. Questo rosa sta in un campo di colore del cielo, poiché tale gioia nello spirito e nella fede è un inizio della futura gioia celeste; questa vi è già compresa e presentita nella speranza, ma non è ancora manifesta. E il campo è circondato da un anello d’oro, per indicare che tale beatitudine in cielo è eterna e che non ha fine e che è anche più eccellente di tutte le gioie e i beni, così come l’oro è il minerale più pregiato, nobile ed eccellente.

Non si va lontano dal vero nel ritenere che anche per il suo autore questa profonda spiegazione andava al di là del significato da lui attribuito al sigillo anni prima; là si parlava del «cuore di Cristo che si dischiude tra le rose», qui il cuore è invece il nostro che mantiene il suo colore naturale. Sta di fatto che in un foglio, munito proprio di quel sigillo scritto più tardi nel 1543, Lutero sintetizza ulteriormente il discorso: «Poiché Adamo vive (cioè pecca), la morte divora la vita. Ma se Cristo muore la vita divora la morte». La morte di Gesù ha reso giusto il peccatore, l’accesso al bianco della rosa, all’azzurro del cielo e all’oro della vita eterna passa  attraverso la croce che ci rende giusti di fronte a Dio. Siamo al cuore – è il caso di dirlo – della  teologia di Martin Lutero.

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598 – Il sigillo di Lutero (22.01.2017)ultima modifica: 2017-01-21T08:03:23+01:00da piero-stefani
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