593 – Natale in compagnia di PDB (18.12.2016)

Il pensiero della settimana, n. 593

Natale in compagnia di PDB

    Paolo De Benedetti, maestro e amico di tanti di noi, si è congedato dalla vita terrena, alla vigilia dei suoi 89 anni, la mattina di domenica 11 dicembre. Ci sono versioni un po’ differenti sulle sue ultime parole pronunciate prima di entrare in coma; la parte certa è che abbia invitato a ricordarsi di Dio. Sicuramente noi ci ricorderemo di lui e forse anche di Dio grazie a lui. Molti hanno già scritto di lui sui quotidiani, fra un po’ giungerà il tempo delle riviste. Ormai prossimi al Natale abbiamo scelto di dare la parola soprattutto a lui.

   Forse PDB (come era noto fra gli amici) si è qualificato pubblicamente una sola volta nella Premessa al suo libro probabilmente più compiuto, Ciò che tarda avverrà (Qiqajon, Comunità di Bose 1992): «Il lettore avrà una certa difficoltà a trovare una definizione confessionale dell’autore: ciò nasce dalla sua condizione marrana, cioè da una compresenza di categorie mentali e fedeltà ebraiche, e di alcune convinzioni cristiane, in combinazione instabile ma irrinunciabile. È uno status importante per lui solo: ma il lettore ha il diritto di saperlo».

Verso la fine degli anni Ottanta, De Benedetti, in un momento nel quale in lui la combinazione oscillava verso «convinzioni cristiane», scrisse parole che presentavano il Natale «come chenosi» e «in dialettica con la chenosi», «come manifestazione di Dio, o meglio come ingresso di Dio nella storia».

«La chenosi (cfr. Fil 2,7) è l’annientamento di Dio che sta alla base dell’evangelo: nella natività la pietà popolare ha preferito, o addirittura costruito, una cornice puerile che ha compensato e nascosto la chenosi divina sotto un certo sentimentalismo, con il sacrificio quasi completo della cristologia. L’uomo di oggi sente profondamente, nella sua vita specie urbana e professionale, l’annientamento come minaccia delle cose su di sé, e non è disposto ad accedere a un programma religioso che prescinda da tale condizione esistenziale: né per la chiesa né per la gerarchia né per l’uomo stesso né per Dio. Si spiega così la ripugnanza odierna per il trionfalismo, il culto della personalità, l’antropologia patriarcale e ottimistica, la sacralità. Il bambino nella mangiatoia non è un idillio, ma il Dio compagno che sperimenta la nostra faticosa ascesa all’essere e di perdita dell’essere (la “compassione” di Cristo). Questo è il significato del nome biblico Emmanuele applicato al Cristo nascente. La chenosi del natale è naturalmente un valore se (…) si legge nella cristologia della resurrezione: il vangelo dell’infanzia sarebbe un discorso interrotto se non presupponesse l’esito cioè la liberazione dalla morte.

La chenosi natalizia è dunque a un tempo promessa e annientamento, consolazione e modello (cioè rimprovero, giudizio) alla chiesa. Ed è anche il proprio contrario, vale a dire l’“apparizione” di Dio. Dio, come si legge nel vangelo della terza messa, si rende visibile nella sua Shekinà (ebraico = abitazione, di cui l’eskénosen = habitavit di Gv 1,14 è forse un calco). Non è quella di natale un’apparizione teofanica, ma un’apparizione incarnata. In altri termini, Dio – proprio perché sceglie la maniera chenotica – si manifesta in forma non sacrale, nel mezzo delle cose, “in mezzo al villaggio” come dice Bonhoeffer. Certo, l’apparizione teofanica è un assaggio di gloria gratificante per l’uomo (si pensi alle parole di Pietro durante la trasfigurazione), mentre l’apparizione chenotica richiede per essere riconosciuta un sacrificio intellettuale che ha il suo tipo nell’adorazione dei magi. Ma è un sacrificio che si può chiedere oggi all’uomo, perché è omogeneo alle aspirazioni, alle inquietudini e ai rimorsi della società secolare in cui egli si è risvegliato. Non c’è presepio o pittura di natività che risponda all’animo con cui l’uomo oggi si pone davanti alla scena di Luca: là dove in passato si incentrava ogni interesse sulla scena, oggi si dovrebbe cercare di vedere al di là della scena, perché entrando nella storia in forma di neonato, Dio vuole essere riconosciuto da noi in forma di risorto.»

L’espressione con cui si chiude questo ormai lontano – eppur presente – scritto è «in forma di risorto», una prospettiva che ora tocca più che mai in prima persona PDB.

Piero Stefani

593 – Natale in compagnia di PDB (18.12.2016)ultima modifica: 2016-12-17T08:08:28+01:00da piero-stefani
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