577 – E’ accaduto (17.07.2016)

Il pensiero della settimana, n. 577

 È accaduto

     «È successo». Le due parole evocano un avvenimento che non si propone come esito voluto di una scelta personale. Nessuno sigilla con questa frase le conseguenze desiderate di una propria azione o il frutto benaccetto del proprio operare. Il nudo accostamento di questi due termini evoca la parzialità del controllo umano su quanto sostanzia la nostra vita. Qualcosa è capitato senza che noi lo volessimo. Sono accaduti dei fatti che solo in minima parte dipendono da noi, eppure essi, spesso, ci mutano. Quel che è avvenuto ci cambia consegnandoci a un «dopo» diverso dal «prima».
     «È successo». Nella sfera del possibile le componenti negative fanno aggio su quelle positive; perciò, di fronte alla frase che attesta un puro accadere, il primo pensiero si indirizza verso il lato oscuro: subito si ipotizza l’esistenza di una disgrazia, di una lacerazione o di un baratro. Solo di rado l’immaginazione si rivolge alla possibilità che ci sia stato un barlume di felicità legato, il più delle volte, a un incontro: nell’esistenza umana non è consueto che un accadere imprevisto risponda ai desideri inespressi racchiusi nel nostro cuore.
     Secondo gli schemi propri del ragionare filosofico, allorché ci si misura con quanto è avvenuto ci si trova di fronte a una realtà conoscibile solo a posteriori. Qui l’esperienza è tutto. Gli eventi storici o i fatti dell’esistenza personale precedono la nostra capacità di prevederli e di ricondurli, preventivamente, entro schemi consolidati. Nessuno sa davvero a priori come reagirà se succede quel che potrebbe capitare. Un incontro può cambiare una vita; una disgrazia stravolgere per sempre un’esistenza del sopravvissuto: nell’uno e nell’altro caso i conti si fanno solo dopo. Chi è mai preparato ad affrontare quanto a un tempo è sia imprevisto sia possibile? In quelle circostanze, la modalità di reagire è posta all’incrocio tra la prova dei fatti e la saldezza o la debolezza degli animi.
     Si entra in un ristorante in un paese lontano e non se ne esce più, si sale su treno locale e si resta stritolati, si cura i propri ulivi e una lamiere tronca la vita, si cammina per strada e dopo un insulto è scagliato il pugno fatale, si passeggia coi bambini sul lungo mare per vedere lo spettacolo dei fuochi artificiali e si resta schiacciati a decine e decine da un camion. Non è la stessa cosa quando è un errore a provocare l’orrore e quando quest’ultimo è esito di un’azione deliberata. La differenza nelle cause è anzi abissale.  Uguale però è la mancanza di risposta a uno stesso interrogativo: perché è toccato a loro?
     Di fronte all’accaduto pure il Vangelo si oscilla. Da una parte non ci si riesce a sottrarre dall’indicare la dimensione del puro accaduto slegata da ogni precisa responsabilità personale, mentre dall’altra si chiama alla conversione assumendo il linguaggio della minaccia: «O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Siloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertirete perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,4-5). Da una parte si confuta l’esistenza di un presunto nesso di causa ed effetto che viene però riproposto dall’altra. Si esce dalla contraddizione unicamente se si afferma che  le vittime non sono responsabili per quanto è loro avvenuto, mentre i superstiti lo sono nei confronti del futuro. Lo capiamo, ma il comprenderlo non ci dà di per sé la forza di affrontarlo.

Piero Stefani

 

 

577 – E’ accaduto (17.07.2016)ultima modifica: 2016-07-16T08:00:17+02:00da piero-stefani
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