549 – Frammenti teologici d’inizio d’anno (03.01.2016)

Il pensiero  della settimana, n. 549

 Frammenti teologici di inizio d’anno

 Credere in Dio significa vivere sapendo che il centro del proprio essere è fuori di noi stessi. Per questo la fede è un cammino impervio.

 Il Vangelo ci chiede qualcosa rispetto al quale ci avvertiamo sempre inadeguati, ci cogliamo radicalmente incapaci di vivere, giorno per giorno, secondo quanto ci è domandato. Eppure nel contempo nulla ci appare più vero e autentico di questa parola che dice l’inautenticità del nostro consueto modo di vivere e in ciò si trova anche una misteriosa – o forse meglio misericordiosa – consolazione. Il prigioniero non esce dal carcere, tuttavia sulla parete della  sua cella c’è una finestra aperta sul mondo “altro” in cui si spera un giorno di poter andare.

 Detto di Ibn Qutayba (m. 276/889) da lui attribuito a Gesù: «sta in mezzo ma cammina a lato». Una sua trascrizione potrebbe essere la seguente: «stai nel cuore della realtà ma collocati in una posizione marginale».

 «Pellegrini in questo mondo». Per tanto tempo al centro della fede cristiana c’era la convinzione che il vero mondo non fosse questo. La casa era altrove e qui si viveva in esilio. Pensieri diventati quasi incomprensibili. Tutto è mutato e quasi nessuno nella Chiesa sembra mettere a tema i motivi di questo mutamento.

 «Matto è chi spera che nostra ragione / possa trascorrere la infinita via / che tiene una sustanza in tre persone. / State contenti, umane genti, al quia; / che, se potuto aveste veder tutti, /mestier non era parturir Maria » (Purgatorio, III, 34-39). Questi versi danteschi sono usati  quasi proverbialmente  per dire alle persone: trattenetevi nella vostra smania di sapere, quelli umani sono limiti invalicabili. Così facendo non si coglie però il paradosso in base al quale la risposta al mistero della Trinità è l’altro sommo mistero: l’incarnazione («mestier non era parturir Maria»). L’ultimo canto del Paradiso afferma che la «nostra effige» è inscritta in seno alla Trinità.

 L’autentico senso del Natale è forse dicibile così, con parole che sanno di antico e che nel contempo sperano di essere anche nuove: perché si possa rinascere in Dio, Dio doveva nascere tra noi, tra noi ancora più che in noi.

Piero Stefani

 

 

549 – Frammenti teologici d’inizio d’anno (03.01.2016)ultima modifica: 2016-01-02T08:58:07+01:00da piero-stefani
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