539 – Rispetto per la vita (25.10.2015)

Il pensiero della settimana n. 539

 Rispetto per la vita [1]

 Maria Luisa – Ho seguito con interesse il dialogo di prima. Dunque la decisione di diventare medico e di dedicarsi ad assistere il prossimo non è stata improvvisa.

Piero – Fu tutt’altro che repentina. Era una scelta programmata da tempo. L’unico aspetto non definito con largo anticipo era dove avrebbe svolto la sua attività. C’è una pagina dell’autobiografia di Schweitzer che chiarisce bene questo punto.

Presi la decisione quando avevo ventun anni. In quell’anno, mentre ero ancora studente, decisi di dedicare la mia vita fin che avessi compiuto trent’anni alla missione di predicatore, alla scienza e alla musica. Se per quell’epoca avessi realizzato ciò che speravo nel campo della scienza e della musica, avrei poi seguito la via dell’assistenza immediata al mio prossimo (…)
L’idea di dedicarmi all’assistenza medica nelle colonie non fu la prima forma in cui si manifestò la mia decisione. Essa emerse dai progetti per altri tipi di assistenza che occupavano la mia mente e a cui avevo in seguito rinunciato per le più svariate ragioni. Finalmente una serie di circostanze mi indicò la strada che conduceva agli ammalati di lebbra e di malattie del sonno dell’Africa. (p. 308).

 M. L. Mi piacerebbe capire quale ruolo ebbe la riflessione su Gesù in tutto questo. Soprattutto vorrei comprendere meglio cosa intendeva Schweitzer con quel suo detto così perentorio da te citato quando dialogavi con Magda: «Il nostro rapporto con Gesù è in fin dei conti di carattere mistico».

P. Non è difficile risponderti. Ho qui sottomano una serie di pensieri dedicati proprio a  questo argomento. Andiamo per ordine, il primo riguarda per forza di cose la definizione di mistica.

M. L.  Già mistica. È una di quelle parole che si usano spesso, ma quando si tratta di definirla è un altro paio di maniche…

P. Di definizioni ce ne sono state e ce ne sono tante. Schweitzer se ne è occupato a più riprese. Tra l’altro ha fornito una suggestiva descrizione del misticismo. Questo fenomeno, a suo parere, ha luogo ogni qualvolta – cito – «ci troviamo di fronte a una persona che considera abolita la distinzione tra terreno e ultraterreno, temporale ed eterno, e sente che essa stessa, mentre esteriormente è ancora in mezzo a ciò che è terreno e temporale, appartiene all’ultraterreno e all’eterno» (p. 281).

M. L. Queste parole, se devo essere sincera, mi disorientano abbastanza. Come è possibile avere un atteggiamento mistico di questo tipo ed essere un uomo d’azione? Se ci si immerge fin da ora nell’eterno, non comprendo dove va collocato l’impegno etico.

P.  Le tue, va da sé, non sono osservazioni prive di fondamento. Anche in questo caso però sono nelle condizioni di risponderti con parole dello stesso Schweitzer. Lui stesso infatti si è posto il problema.

M. L. Sono curiosa di sapere come l’abbia risolto.

P. Con un procedimento tipico di chi è allenato a maneggiare concetti, vale a dire distinguendo. Secondo Schweitzer esistono due specie di misticismo: uno deriva dalla fusione  tra lo spirito universale e quello umano e trova la sua massima espressione nella civiltà indiana, l’altro è di carattere etico. Quest’ultimo, dato che non ha alcun bisogno di spiegare l’universo, non entra in conflitto con la conoscenza ottenuta attraverso l’esperienza e la scienza, esso infatti non ha alcuna pretesa di avere una propria visione intuitiva dell’universo. Do di nuovo a lui la parola: «il grande pericolo di ogni misticismo è quello di diventare sovraetico, cioè di rendere la spiritualità conseguita dall’esistenza nell’eternità un fine in se stesso». Altrove vi sono frasi ancora più chiarificatrici.

L’etica deve decidersi a basarsi sul misticismo. Ma il misticismo da parte sua non deve mai supporre di esistere come fine a se stesso. Non è il fiore, ma solo il verde calice che lo sostiene. Il fiore è l’etica. Un misticismo che esiste soltanto per se stesso è come sale che abbia perso sapore.

M. L. La chiusa, lo so anch’io, richiama il Vangelo: «se il sale perde sapore, con che cosa lo si renderà salato?» (Mt 5,13). Un detto che per me, abituata a stare dietro ai fornelli, suona strana, quando mai il sale diventa insipido? Ma lasciamo perdere. La chiusa della frase da te citata però mi rimanda alla questione sollevata poco fa: che c’entra Gesù Cristo in tutto ciò?

P. Per rispondere a questa domanda dobbiamo convocare qui attorno al tavolo un’altra figura centrale nella riflessione di Schweitzer.

M. L. Di chi si tratta?

P. Di Paolo di Tarso. In particolare andrebbe preso in considerazione il suo libro La mistica dell’apostolo Paolo. Qui occorre fare una precisazione  per certi versi opposta e complementare a quella avanzata a proposito del testo su Gesù. La prima edizione del libro su Paolo è uscita solo nel 1930, quindi molto tempo dopo dall’epoca in cui Schweitzer si era trasferito a Lambaréné.

M. L. Sì, anche in questo caso la cronologia sembra essere di per sé parecchio significativa.

Piero Stefani

 [1] Riproduco la prima parte del secondo dialoghetto letto nel corso della serata dedicata ad Albert Schweitzer nel 50° anniversario della morte. L’iniziativa si è svolta a Ferrara nella Chiesa di S. Francesca Romana, venerdì 4 settembre. Le citazioni sono tratte da A. Schweitzer,  Rispetto per la vita, Edizioni di Comunità 19652 La seconda parte del dialogo comparirà sul “Pensiero” della prossima settimana. Il primo dialoghetto, intitolato “Quale Gesù?” è stato pubblicato sui nn. 531 e 532 del pensiero della settimana.

539 – Rispetto per la vita (25.10.2015)ultima modifica: 2015-10-24T09:00:04+02:00da piero-stefani
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