516 – Il triduo pasquale (05.04.2015)

Il pensiero della settimana, n. 516

 Il triduo pasquale

      Natale ci ricorda una nascita, tutti la possono capire; sia pure nella sua eccezionalità, quella festa evoca un’esperienza che riguarda ognuno di noi in prima persona. Se siamo qui siamo nati.
     triduo pasquale ricorda un congedo e una morte drammatica, anche di ciò abbiamo esperienza, ma meno diretta: riguarda altri, non noi stessi. Sappiamo che altri sono morti e a volte in modo violento e atroce. Se siamo qui però noi non siamo morti.
      Al centro di quei tre giorni santi c’è il sabato: esso fa memoria di una tomba piena; anche di ciò sappiamo ma rispetto ad altri i quali, lungi dall’essere stati degli estranei, furono a volte a noi molto prossimi.
     La domenica celebra una tomba vuota; è tale non già perché è stata violata, ma perché chi vi giaceva è passato («pasqua, passaggio») a una forma di vita nuova e più piena. Di ciò i nostri occhi, i nostri orecchi, le nostre mani non ci dicono nulla. Se ne sappiamo qualcosa, se ne abbiamo una qualche esperienza è solo in virtù della luce e dell’oscurità della fede.
     Ecco perché la Pasqua è la più vera e, per certi aspetti, l’ unica festa cristiana. Se assunta nel suo significato più profondo ci consegna a una forma di vita differita – «non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20) – incompatibile con i ritmi e i riti di questo mondo.
     La Pasqua è la festa più vera, ma anche la più esigente. Essa può essere celebrata fino infondo solo quando, in proprio, si passa dalla morte alla vita.

Piero Stefani

 

516 – Il triduo pasquale (05.04.2015)ultima modifica: 2015-04-04T01:35:47+02:00da piero-stefani
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