453 _ Dialogo su papa Francesco (24.11.2013)

Il pensiero della settimana, n. 453

Dialogo su papa Francesco

Riprendo alcuni spunti dell’intervento pronunciato nell’incontro, moderato da Marco Garzonio con la partecipazione di Massimo Toschi, avvenuto all’Ambrosianeum di Milano il 22 novembre nell’ambito dell’iniziativa denominata Godcity.

1. «Il dialogo con tutti, anche i più lontani e gli avversari; la pietà semplice, una certa ingenuità forse, la disponibilità immediata, il suo attento discernimento interiore, il fatto di essere un uomo di grandi e forti decisioni e insieme di essere così dolce, dolce…» (Papa Francesco, La mia porta è sempre aperta. Una conversazione con Antonio Spadaro, Rizzoli, Milano 2013, p. 33).

Non è qualcuno che parla di Francesco, è papa Bergoglio che sta presentando la figura di Pietro Favre (1506-1546) uno dei primi compagni di Ignazio di Loyola. Un modello sicuramente, forse un autoritratto implicito per quello che si propone di essere, per il sé a cui si aspira.

2. «Dio è più grande del nostro peccato» (ibid, p. 59). Qui si annida la presa di distanza di papa Francesco da quella del suo predecessore. Può ben essere che l’errore e il peccato moderni siano quelli di aver messo l’uomo al posto di Dio; ma se anche fosse così ciò non intacca in nulla il fatto che Dio vada alla ricerca della creatura umana nel suo oggi: «Dio è nella vita di ciascuno. Anche se la vita di una persona è stata un disastro, se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualche altra cosa, Dio è nella sua vita» (ibid., p. 99). Francesco non nega il peccato e l’errore, afferma che Dio è più grande. Da qui il primato di una misericordia che va dispiegata nel presente, che salva il presente.

Alla misericordia corrisponde il dono della speranza quando quest’ultima è intesa in senso proprio, vale a dire come una realtà che ben poco ha a che fare con l’ottimismo: «A me non piace la parola “ottimismo”, perché dice un atteggiamento psicologico. Mi piace invece usare la parola “speranza” (…) la speranza cristiana (…) è una virtù teologale e dunque, in definitiva, un regalo di Dio che non è solamente umano. Dio non defrauda la speranza, non può rinnegare se stesso, Dio è tutto promessa» (pp. 100-101).

3. La più importante indicazione istituzionale finora data da papa Francesco riguarda la sinodalità: «si deve camminare insieme: la gente, i vescovi e il Papa. La sinodalità va vissuta a vari livelli. Forse è ora di mutare la metodologia del Sinodo, perché quella attuale mi sembra statica» (ibid., p. 65). Il «consiglio degli otto cardinali» e il papa hanno deciso perciò di prospettare in maniera del tutto inedita due sinodi, uno straordinario (2014) e uno ordinario (2015) dedicati allo stesso tema: la famiglia. Un ulteriore atto innovativo è la distribuzione di un questionario da diffondere a vasto raggio presso i fedeli: di tutto e di tutti si terrà conto.

Sembra una gran cosa; in realtà le perplessità sono molte, legate in prima istanza alla scelta del tema. Il punto cruciale per la vita della Chiesa cattolica oggi non è parlare sulla famiglia. La questione cardine è quella della formazione coordinata di clero e laici e quindi del ruolo degli uni e degli altri (s’intende anche e per certi versi soprattutto delle altre) all’interno della realtà ecclesiale. Ma di ciò non si parla. Non una parola, per esempio, sui seminari, istituzione ecclesiale ormai anacronistica da cui esce un clero largamente impreparato a vivere nella società contemporanea e in molti casi perennemente imbarazzato rispetto a certi temi, a cominciare da quello della sessualità e, appunto, della reale vita familiare delle persone.

Alla fine avremo, perciò, un’assemblea di vescovi che parla di quello che non la riguarda in prima persona, mentre è esonerata dal confrontarsi con ciò che la tocca più da vicino e che, in non pochi casi, compromette radicalmente la sua capacità di attuare un annuncio credibile.

Quanto al questionario, basta leggerlo per comprendere come esso sia in larga misura non compilabile e in parte dominato da questioni fittizie come quelle della legge naturale e dei metodi contraccettivi visti alla luce dell’Humanae vitae (gli interessati che non lo conoscessero possono trovarlo consultando il sito www.regno.it).

Ciò non toglie che l’atteggiamento della CEI che, a differenza di altre Conferenze episcopali, sembra stenti a diffonderlo, appare un ulteriore segno della sua incapacità di sintonizzarsi rapidamente con il nuovo clima ecclesiale.

Il punto decisivo resta sempre lo stesso: se, da un lato, lo stile di Francesco non si diffonde tra i vescovi, il clero e i laici e se, dall’altro, si continua a rimandare alla sua figura e alla sua azione la risoluzione di ogni problema, la speranza dischiusasi in questi mesi rischia, questa volta sì, di restare delusa. Peraltro non va dimenticato che la speranza teologale ha un orizzonte più grande di quello legato alla riforma della Chiesa.

Piero Stefani

 

 

453 _ Dialogo su papa Francesco (24.11.2013)ultima modifica: 2013-11-23T10:52:34+01:00da piero-stefani
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